Regia di Marco Ferreri vedi scheda film
Considerato da molti un film datato, non so fino a che punto, personalmente lo ritengo uno dei migliori di Ferreri, già solo per le meravigliose invenzioni visive. In una New York post-atomica invasa da ritmi tribali, dalla quale sembra essere sparita qualunque traccia di civiltà, e in cui gli enormi grattacieli, nati come fiducioso simbolo di modernità e progresso, ormai celano soltanto un vuoto di civiltà che trova un rispecchiamento nella desertificazione della "superficie", i due protagonisti, Lafayette e Luigi, due uomini-bambino, vedono nel ritrovamento di uno scimpanzè, nato dalla morte della civiltà contemporanea (rappresentata dal cadavere di King Kong), la possibilità di una "rifondazione" del genere umano ripartendo dalle origini. Nel frattempo, il direttore di un museo delle cere cerca al contrario di mantenere in vita ciò che ormai "dovrebbe essere distrutto", e cioè l'immagine dell'uomo, l'idea di una sacralità della storia e della civiltà ormai svuotata di senso (durante l'incendio finale, la voce registrata di Flaxman parla di una sacralità dell'ordine cronologico che legherebbe gli eventi storici, mentre manichini degli attuali presidenti americani hanno sostituito quelli dei personaggi della storia romana). Ma il tentativo di far risorgere la civiltà dalle sue ceneri fallisce in quanto ormai lo stato di "desertificazione" è troppo avanzato, e soprattutto in quanto esso non può più essere lasciato nelle mani dell'uomo, colpevole di essersi allontanato definitivamente dalla natura e quindi ormai finito in un vicolo cieco, così come il protagonista rifiutando la paternità si condanna a morte. Ovviamente, come sempre in Ferreri, l'unica possibilità di salvezza e rigenerazione è costituita dalla donna, antropologicamente superiore all'uomo, secondo il regista.
Il film, come dicevo prima, viene considerato datato da molti proprio per questa visione marcatamente femminista inevitabilmente ancorata al clima sociale dell'epoca, ma l'idea di una superiorità innata della donna, nella quale viene vista l'unica speranza per il futuro dell'umanità (uno dei suoi film degli anni Ottanta si intitola proprio "Il futuro è donna"), e dunque l'idea di una strumentalizzazione e subordinazione dell'uomo, utilizzato solo per la procreazione per poi essere messo da parte, è presente fin dagli inizi della filmografia del regista (si pensi soprattutto a L'ape regina), dunque non è da contestualizzarsi esclusivamente nel clima femminista dell'epoca.
Il principale motivo di fascino del film (almeno per quanto mi riguarda) risiede a mio avviso nella grande forza visionaria delle immagini, nella bellezza delle invenzioni visive di Ferreri, come quella della spiaggia desertica con i grattacieli sullo sfondo, simbolo del vuoto che avanza minacciando di invadere tutto; magnifica e potente la scena in cui Lafayette vaga per la zona desertica sconvolto per la morte di Luigi, mentre nell'aria risuona "Finest' ca luciva", e quella dello scontro finale fra lui e Flaxman nel museo delle cere, ormai diventato uno spettrale teatro di simulacri.
La New York desertica e spettrale è probabile sia stata fonte d'ispirazione per la Palermo di Ciprì e Maresco, o per lo meno vi sono delle notevoli affinità, anche se forse nessuno se n'è mai accorto.
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