Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
E se la follia, nelle sue forme di mania, ossessione o delirio, non fosse altro che una reazione fisiologica all’impossibilità di essere felici? Questo film narra delle vite “legate” di tre individui, la cui fuga virtuale imbocca le strade dell’estro artistico esasperato (Giovanni), della fobia e della ripetitività paranoide (Mauro) e della lamentosa autocommiserazione monologica (Marta). Queste esistenze non producono, però, né furia né fragore, ma solo un inquietante rumore di fondo, destinato ad essere ignorato, detestato o deriso. Le parole ed azioni dei tre protagonisti si perdono, in un’atmosfera nebbiosa e sonnolenta che assorbe gli echi delle loro emozioni; questa è l’emanazione di un mondo reale che appare solo in lontananza, da dove impartisce regole ad assegna ruoli, mentre è del tutto incapace di fornire risposte. “Salto nel vuoto” è un film sommesso, che centra l’argomento della nevrosi senza sovraesporlo, e ne sfuma, invece, magistralmente i contorni che lo distinguono dalla cosiddetta normalità.
Bellocchio riesce a proporre, in una veste completamente attuale, il classico tema della malattia mentale come maledizione. Tuttavia, si mantiene abilmente equidistante sia dall’impostazione moraleggiante, sia da quella psicanalitica, restituendoci soltanto il flebile tonfo del dramma individuale il quale, con un semplice salto, supera lo stretto margine che lo separa dal baratro.
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