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Cosa fare a Denver quando sei morto

Regia di Gary Fleder vedi scheda film

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La recensione su Cosa fare a Denver quando sei morto

di barabbovich
5 stelle

Statistiche del film: morti ammazzati 9 più qualcun altro che si trovava nei paraggi; puttane: una; pedofili: uno; psicopatici criminali: assortiti a volontà per tutti i gusti. Con questi numeri il giovane Gary Fleder, emulo della più efferata lezione pulp tarantiniana, esordisce alla regia dopo essere stata acclamato per un precedente cortometraggio al Sundance festival. Per arrivare a tanto gustoso impiego di vernice rossa e pomodoro, il giovanotto ha anche scritto un copione e la trama, più o meno, dovrebbe essere questa. Per saldare un vecchio debito ad un boss mafioso e tetraplegico di Denver (Christopher Walken), Jimmy il Santo (Andy Garcia) deve dare una lezioncina al ragazzo che ha sottratto la fidanzata al figlio pedofilo del boss. Jimmy recluta quattro ex-criminali balordi, e la spedizione punitiva si trasforma in tragedia. I cinque non sfuggiranno alla rappresaglia del boss, che per l'occasione ingaggia un super-professionista del crimine (Steve Buscemi). Morti dolorosamente i suoi quattro compagni di avventura, Jimmy avrà giusto il tempo di vendicarsi ammazzando il figlio del boss e di mettere incinta una donna, il cui figlio riceverà un messaggio post-mortem pieno di speranza.
Di film così se ne sono visti a vagoni. Tolto dunque tutto il 90% di detraibile, rimane, come unico elemento di originalità, l'attività del protagonista Andy Garcia, che gestisce una società presso la quale i moribondi possono lasciare messaggi ai loro congiunti prima di tirare le cuoia, quasi a volerci suggerire che - dietro tanto tripudio di violenza - si possa sperare in un mondo migliore. Tutto qui, a parte il fatto che almeno lo sbadiglio è fuori programma e la regia è all'altezza della situazione. La sceneggiatura è di Scott Rosenberg.

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