Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
Nuvole in viaggio è probabilmente il film che meglio incarna l’esistenzialismo kaurismakiano, una personalissima filosofia di vita composta – in dosi variabili – di pessimismo, fatalismo, misantropia e volontà mista a fortuna, al tocco misterioso del destino. E, perchè no?, alcolismo. Frasi come “Vado dove mi porta la vodka” o come la rassegnata dichiarazione “Ma chi vuole vivere fino a novant’anni?”, in risposta alle accuse di abusare degli alcolici, sono inequivocabile farina del sacco dell’autore finlandese, che non ha mai inserito in un suo film tante scene di bevute quanto in questo. Nonostante la trama (come sempre, sceneggiatura del regista stesso, che qui si occupa anche del montaggio) sia piuttosto in linea con quelle dei suoi precedenti lavori (personaggi poveri e decadenti, ambienti miserrimi, atmosfere kafkiane), questa volta la parabola discendente della storia conosce però un ritorno positivo e un finale speranzoso. E, particolarità abbastanza rara nel cinema del regista finlandese, senza la necessità di una fuga: anzi, i protagonisti trovano la fiducia nel domani rimanendo sè stessi, nel luogo in cui vivono e continuando a fare ciò in cui credono, senza bisogno di scosse (Kaurismaki è inoltre maestro nel mettere in scena i più improbabili deus ex machina). L’obiettivo – felicemente raggiunto – di rappresentare la vita reale senza tanti fronzoli si rivela nei dialoghi semplici, nelle situazioni tese e nella recitazione assolutamente sotto le righe, talvolta quasi comica nella sua freddezza (Lauri che torna a casa dopo aver perso il lavoro e la patente, e crolla sul pavimento, psicologicamente distrutto). La drammaticità a tratti eccessiva degli eventi viene perciò a trovarsi bilanciata dal ‘raggio di sole’ finale: indubbiamente Nuvole in viaggio risulta di una verosimiglianza encomiabile, tanto da sembrare un film attualissimo anche parecchi anni dopo (del resto, l’argomento crisi è sempre valido: tanto che i richiami a Ladri di biciclette, girato mezzo secolo prima, sono assolutamente pertinenti). A Cannes ottenne la menzione speciale della giuria ecumenica. I due interpreti centrali sono (la solita e perfetta) Kati Outinen e Kari Vaananen, già comparso in svariati altri film del regista; l’alter ego di Kaurismaki, Matti Pellonpaa, morto l’anno precedente all’uscita di questa pellicola, viene omaggiato inserendo in una scena una sua foto da bambino e con una dedica prima dei titoli di testa. 7/10.
Cameriera lei, autista lui, perdono il lavoro in contemporanea. È crisi: non solo economica, ma anche esistenziale. Trovare un altro lavoro sembra impossibile, tentare la fortuna alla roulette è un'impresa disperata che fallisce. Poi l'apertura di un ristorante e un nuovo, speranzoso inizio.
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