Regia di Danny DeVito vedi scheda film
Una fiaba che gonfia e distorce la realtà della media borghesia statunitense per evidenziarne le innumerevoli aberrazioni.
La cinica e ghignante spietatezza di La guerra dei Roses e Getta la mamma dal treno si ritrova con potenza invariata nella quarta pellicola diretta da Danny DeVito, fedele adattamento di Matilde, romanzo per l'infanzia di Roald Dahl che sprona i piccini a resistere alla fatiscente stupidità degli adulti sfruttando i "poteri" dell'intelligenza e della cultura. Per la resa di una fiaba che gonfia e distorce la realtà della media borghesia statunitense per evidenziarne le innumerevoli aberrazioni (regina delle quali è l'ignoranza, figlia della teledipendenza), DeVito adotta uno stile di ripresa parimenti barocco, grottesco e deformante (colori brillanti, movimenti di macchina inusitati, piani ravvicinati, gag da cartone animato), di sicuro non inedito – per accertarsene, basti la visione di Mamma, ho perso l'aereo e dei primi Tim Burton – ma in linea con la contagiosa e sorniona mancanza di rispetto della satira di Dahl. I parossismi (l'alunno pasciuto torturato con la torta gigante al cioccolato) possono repellere, però sono i medesimi del testo di partenza. La preside Trinciabue (Pam Ferris) è tanto spaventosa e vomitevole quanto la furba Matilda (Mara Wilson) ispira dolcezza e simpatia. DeVito si riserva la parte del padre di Matilda, disonesto imbonitore di automobili. Titolazione italiana da querela. Copione di Robin Swicord e Nicholas Kazan.
Musiche di David Newman.
BUON film (7) — Bollino VERDE
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