Regia di John Carpenter vedi scheda film
Quanto ci manca un Carpenter nel panorama horror contemporaneo. Una malattia degenerativa ha interrotto bruscamente la sua straordinaria carriera una dozzina d'anni fa (eccetto qualche episodio di Masters of Horror e il recente Ward), un brillante cine-percorso che annovera una geniale rivisitazione di forme e contenuti di svariati generi classici, all'insegna di un gusto "trans-genere" post-modernista, che però raramente si accascia nella pura dimensione ludica/scettica, inglobando piuttosto un lucido e coerente discorso socio-politico. Anche se, per paradosso, i risultati più compiuti sono forse stati colti nel poliziesco ("Distretto 13") o nella fantascienza ("1997: Fuga da NY"), il genere prediletto per Carpenter resta l'horror. Con Romero, viene considerato (anche se in misura minore) la coscienza politica/morale del new horror post-68. Ora, fermo restando che un film come "La notte dei morti viventi" ha cambiato per sempre la storia dell'horror e un "Diary of the Dead" potrebbe cambiare (ne riparleremo tra un decennio) addirittura la storia del cinema, una buona fetta di film romeriani difetta innegabilmente di ritmo e brillantezza. Grande "teorico" Romero, indubbiamente, ma senza il fiuto per i tempi filmici nè il sapiente dosaggio dei toni proprio di Carpenter, il quale (diciamocelo!) è stato l'Howard Hawks del cinema contemporaneo. Prendiamo ad esempio questo "Christine" di ascendenza king-iana. La situazione è delle più trite: high school, i nerd sfigati, la biondina sciocchina e la mora conturbante, i bulli, i genitori apprensivi etc...la storia stenta a decollare e langue nella fascinazione che Arnie prova per il suo bolide...Qualcuno però oserebbe dire che sia un film lento, noioso? Qualcuno ha trovato, per caso, una sola inquadratura di troppo, una esitazione su un volto, un dialogo ridondante? Io no di certo. C'è una concisione nella messinscena carpenteriana così precisa da far emergere, come in Hawks, la complessità di caratteri, psicologie, motivazioni, situazioni...C'è un'eleganza, una finezza, una classe nel preparare e poi nel far deflagrare la progressione psicotica di Arnie, il suo essere un tutt'uno con l'amore della sua vita (la macchina ovviamente, non la morosa), il suo inarrestabile desiderio di rivalsa e di affermazione sociale. E' un film condotto su una traiettoria accelerata, proprio come quella di una macchina da corsa, fino all'inevitabile crash. Ovviamente siamo in tutt'altro campo rispetto alle teorie sessuali e biologiche di Ballard/Cronenberg: per King/Carpenter (non mi addentro in confronti fra scrittore e regista, dato che non ho letto il libro), conta lo sguardo sulle ossessioni represse della società americana, la morbosa tendenza a mitizzare sino al patologico le icone della propria cultura (qui il binomio automobile/rock'n'roll, secondo un immaginario 50's pre-Vietnam: in questo senso, Christine è la figliastra marcia e perversa delle macchine che sfrecciavano spensierate sulle frizzanti strade di "American Graffiti"..."Ecco il Sogno di Lucas che brutta fine che ha fatto!" pare dirci Carpenter). Se in Cronenberg la fusione uomo/macchina sarebbe stata sul piano sessuale e biologico, come detto, in Carpenter invece questa avviene su un fronte sentimentale e, soprattutto, ideologico: "Christine" è un teorema iperbolico sull'arroganza dell'homo americanus, sulla legge del più forte e del più veloce, sulla capacità di una società, dei suoi modelli, della sua tecnologia di trasformare chiunque in un mostro prevaricatore. Ecco la politica di Carpenter fare capolino anche in quello che sembrava essere un puro divertissement.
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