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La promesse

Regia di Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne vedi scheda film

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La recensione su La promesse

di maurizio73
8 stelle

Piccolo imprenditore edile di Liegi mette sù un redditizio traffico di sfruttamneto dell'immigrazione clandestina dando lavoro e alloggio a disperati senza permesso di soggiorno di diversa nazionalità e grazie all'aiuto del figlio appena adolescente, apprendista meccanico e tuttofare. Quando un lavoratore di origini africane, per sfuggire ad un controllo, cade dall'impalcatura su cui stava lavorando, sceglie di non soccorrerlo e di occultarne successivamente il cadavere, contando sul silenzio del figlio da subito perplesso del comportamento disumano del genitore e cercando di allontanare i sospetti dalla moglie di quello, rimasta ad accudire da sola il suo bimbo ancora piccolo. Alla ostinazione della vedova, decisa a scoprire la sorte del marito, decide di sbarazzarsene trovando però l'imprevista opposizione del figlio determinato a tenere fede alla promessa fatta al povero operaio in punto di morte.
Prosegue il discorso dei fratelli Dardenne sui risvolti etici di comportamente sociali che assecondano la sconcertante ordinarietà di un cinismo che scorre come un fiume carsico nel sottosuolo della moderna civiltà occidentale, il segnale allarmante  di una spregevole indifferenza che si insinua tra le pieghe di una società dell'accoglienza dove la legge è una mera sovrastruttura burocratica che, lungi dallo stabilire un principio di inalienabile giustizia sociale, si presta alle bieche manipolazioni di una intollerabile vessazione dell'uomo contro l'uomo, alimentando la cupidigia di una endemico sfruttamento del piu' debole, del più indifeso (il lavoro, l'alloggio, i documenti falsi, l'assistenza legale e sanitaria). Lo sguardo di questo cinema del disagio mantiene sempre il lucido distacco di una camera mobilissima che fruga nello squallore di vite ai margini, di volti segnati da una sofferenza atavica, di una spietata determinazione che non sa vedere niente oltre al gretto valore dei beni materiali, riducendo la materia umana al rango di una merce da sfruttare secondo le logiche del massimo profitto e del minore costo (lo stesso sfruttatore vive una vita non dissimile da quella dei suoi poveri inquilini con cui spesso divide le fatiche di un lavoro massacrante e la misera ambizione di un irrisorio benessere).
Tuttavia già prima del più rigoroso 'Rosetta' e soprattutto dei risvolti esemplari della parabola umana dei 'Silenzi di Lorna', questo sguardo sulla realtà sembra deviare dal corso di un mero naturalismo per farsi paradigma di un simbolismo più alto, nella ricerca di un significato profondo che trascenda le miserie umane, trasfigurando nella ingenua e commovente ribellione di un 'figlio della colpa' l'immagine quasi mistica di un biondo angelo della salvezza pronto a sacrificare se stesso per salvare la sconsolata Madonna nera di una disperata maternità, nella fuga 'erodica' con cui si chiude il film in un finale aperto e tuttaltro che consolatorio, nella silenziosa rassegnazione di una immendabile sconfitta sociale che interroga il cuore stesso della nostra civiltà. Oltre alla immancabile presenza del loro attore feticcio, un Olivier Gourmet di grande versatilità, si segnala la straordinaria interpretazione del giovanissimo Jérémie Rénier nella parte del giovane Igor e la bellissima Assita Ouédraogo, indomita e fiera ambasciatrice di una lontana civiltà subsahariana. La remota promessa di una desolante modernità.  

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