Regia di Juan Luis Buñuel vedi scheda film
Un viaggio metaforico che nasconde, dietro il tema del vampirismo, la parabola di una storia d'amore destinata a finire tragicamente.
Medioevo: l'attempato feudatario Richard (Michel Piccoli) perde la moglie Leonor (Liv Ullman) dopo che questa è caduta malamente da cavallo. Contro il volere del padre, prende in sposa la più giovane Catherine (Ornella Muti) dalla quale riceve due figli. Ma nemmeno il passare del tempo cancella dalla mente dell'uomo la memoria di Leonor, per la quale - da dieci anni - malinconia, disperazione e mancanza sono le sole sensazioni che riesce a provare. Un giorno decide di rompere il muro della cripta che conserva le spoglie mortali dell'amata Leonor, e nei pressi di un ponte sospeso su un lago (e forse nel tempo) incontra un misterioso personaggio che fa strani discorsi sul potere del desiderio...
Coproduzione tra Francia, Spagna e Italia diretta con stile da Juan Buñuel. La partecipazione Italiana è di tutto rispetto: Romano Albani operatore alla macchina, Ennio Morricone alle musiche, Luciano Tovoli alla fotografia e Ornella Muti nel ruolo secondario di Catherine. Né è da dimenticare l'apporto in sceneggiatura dato da Bernardino Zapponi (per un refuso accreditato nei titoli di testa come Bernardino Zappone).
Il soggetto è tratto da una novella di Ludwig Tieck anche se l'ambientazione viene spostata al medioevo. Ed è un medioevo caratterizzato da tanta tristezza, molta malinconia ed una perenne infelicità che avvolge, per un motivo o per l'altro, ogni personaggio della storia. La peste, altro invisibile ma presente protagonista, è talvolta vista come presenza liberatoria, in grado cioè di far scomparire, con il suo abbraccio mortale, tutte le sofferenze e tutti i mali.
In questo clima decadente, cinereo e sconsolato, all'interno di uno sfarzoso castello -dove a dispetto del benessere "gli animali fuggono, le piante muoiono e tira vento, tira sempre vento"- si svolge la triste esperienza di Richard (un bravissimo Michel Piccoli) uomo destinato alla dannazione e alla penitenza terrena prima che ultraterrena.
Leonor è un film drammatico che solo vagamente (ma con forte determinazione) sconfina nel genere horror.
Suddiviso in due parti, con un primo tempo dove predomina il senso della perdita e della mancanza in grado di indurre lo sconfortato protagonista sul baratro della follia, il film di Buñuel nel secondo tempo, dietro la parvenza del risvolto sul vampirismo, cela in realtà una metafora sulla disgregazione del rapporto di coppia e sugli effetti devastanti che la risoluzione di un rapporto d'amore, intensamente vissuto, può provocare.
Il senso di avvilimento, di abbandono, di tracollo morale, esperito da Richard, è ottimamente espresso da dialoghi curati e ben scritti.
Così, ad esempio, si esprime il protagonista di fronte alla cripta di Leonor, il cui accesso è stato impedito dalla muratura della porta d'ingresso: "Quel muro di sassi ci separerà, così che non potremo più riunirci, come quando Satana costruì questo ponte di sassi, per riunire il bene dal male che Dio aveva diviso con questa fenditura nel monte. Oh, Satana: io la rivoglio! E se la tua potenza è uguale a quella di Dio, io voglio che tu me lo dimostri. Io sono pronto a donarti tutto me stesso... se tu mi ridai la mia Leonor. Io ti aspetto, Satana!"
E ancora, in un ulteriore straziante monologo: "Perché Dio ci ha fatto prima incontrare... e poi ci ha diviso? Dio... o Satana. Dio non risponde, ma neanche Satana mi ha risposto. Perché? Perché questo immenso dolore che neanche la pelle dolcissima di Catherine riesce a placare?"
Ci troviamo di fronte ad un'opera compiutamente pessimista dunque, un'opera che declina tutto il suo potere nichilista non solo nell'uso di una fotografia "autunnale", dove prevalgono toni marroni, freddi e scuri, ma anche per i dialoghi che, come affilate lame, penetrano nella nostra pelle, aiutati anche da una suadente e malinconica colonna sonora a base di violino, ottimamente composta dal grande Morricone.
La sensazione che si prova, di fronte a questa pellicola, è quella di una eterna e ciclica decadenza prima psicologica che fisica che a tutti, nessuno escluso, prima o poi il destino riserva come traguardo. Nessuno ne esce indenne, nemmeno l'innocua giovinezza che diventa, anzi, bersaglio della ritornante vampira da un lato e dei cattolici dall'altro; cattolici e "inquisitori", che non esitano a dare alle fiamme una ragazzina accusata della scomparsa di alcuni bambini e per commercio con Satana.
Come sancisce l'innominato personaggio, che nessuno chiama nei momenti di dolore: "La differenza, tra il bene e il male, è solo un ponte. La felicità, è solo l'inizio del dolore".
E, ancora, prosegue: "L'abisso tra la vita e la morte è profondo. Ma se uno vuole... si può tendere un ponte. Io non sono colui che può restituirtela (Leonor, n.d.r.), puoi farlo tu stesso, se la tua volontà è abbastanza forte. Io, posso solo aiutarti. Ti do ancora un consiglio: lasciala riposare."
Mentre il sogno di un amore eterno lentamente e penosamente svanisce, soffocato dagli anni che trascorrono pesanti come macigni, contemporaneamente alla rovina del castello infestato da corpi di appestati, gli animali fuggono, le piante muoiono e tira vento, tira sempre vento...
Citazione
"Chi sei?"
"Sono colui che nessuno chiama nei momenti di dolore. Colui che accompagna nei tempi di allegria. Colui che non conosce la parola amore. Io so della tua disperazione. Tu mi hai chiamato. Anche ora, là su quel ponte... indicavi il mio nome. Sono colui che hai chiamato. Il ricordo acutizza le passioni. Se tu potessi vederla com'è ora, il tuo amore si convertirebbe in disgusto".
(L'uomo incontrato sul ponte, in risposta a Richard)
Il film è rimasto a lungo introvabile finché la Sinister lo ha proposto in Dvd. L'immagine, restaurata da un negativo originale, è proposta nel formato 16:9 (1.78:1) e la traccia audio originale dell'epoca è discretamente pulita. Peccato che come extra sia presente una sola galleria fotografica, ma l'importante è il film, peraltro qui offerto in un'ottima versione.
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