Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
Un Kitano minore, decisamente. Ancora lontano dalla raffinata stilizzazione e dall'abissale esistenzialismo dei suoi capolavori "noir" (Sonatine su tutti). Ci sono tuttavia in nuce alcuni tratti stilistici che lo renderanno uno degli Autori più caratteristici degli ultimi 20 anni: il mare, le inquadrature fisse, le parentesi umoristiche, le improvvise deflagrazioni di violenza, il gioco, il sado-masochismo, la violenza come necessità dell'uomo, la morte come necessità della vita. Non è ancora tempo di poesia surreale, anche se non mancano i momenti memorabili in questo senso (es. la sequenza in cui Takeshi si presenta dagli yakuza con un mazzo di fiori). Prevale, più che altro, un crudele senso di ribrezzo (lo stupro silenzioso al termine di una sparatoria; il dito mozzato). Debole nel disegno dei personaggi, prolisso nell'esposizione degli eventi, vale per alcune intuizioni registiche, per il ritratto del giappone dei bassifondi (non dissimile da quello, altrettanto degradato, affrescato dal connazionale Mizoguchi), per la magnetica presenza dell'attore-regista.
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