Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
L'esordio migliore possibile per Kitano dietro la macchina da presa.
La letteratura poliziesca ha sempre vissuto su una dicotomia classica nel ruolo del tutore della legge. Esiste il poliziotto integerrimo, magari solitario e scostante, magari prossimo a farsi invischiare nelle nebbie della criminalità, ma sempre rimanendo un'entità ben distinta rispetto al proprio nemico: l'idea della giustizia, sebbene offuscata, è sempre un valore ben presente. C'è poi il corrotto, colui che volge l'enorme potere nelle sue mani a suo esclusivo vantaggio. Le due tipologie sono riccamente rappresentate nel Violent Cop di Kitano. Kitano supera la dicotomia classica proponendo il suo Azuma, che è quasi una figura mitologica sulla giustizia. Azuma persegue il giusto, svincolato dai timidi lacci che opprimono gli uomini: la giustizia è un fatto personale e assoluto. E' un poliziotto giusto, che si serve tuttavia delle stesse illegalità dei propri nemici. Inizio del film, una baby gang stile Drughi picchia un vecchio ubriacone - a morte? non si sa - mentre Azuma è nei paraggi: il poliziotto segue fino a casa sua uno dei ragazzi, disinteressandosi di prassi, mandati, procedure, e lo pesta ripagandolo con la sua stessa moneta. In quella ancestrale e primitiva applicazione della legge del taglione sta l'essenza più pura del modus operandi di Azuma: la giustizia umana è un inane orpello che a nulla mai approda; bisogna ritornare alle origini. Il ritorno alla dimensione archetipica è tangibile nella resa dei conti finale tra Azuma e il suo nemico: una resa dei conti che ha ben pochi tratti urbani e attuali, ma è debitrice della tradizione western, il genere più archetipico di tutti quanti. Azuma, silenzioso, impassibile, compie la sua vendetta come l'Uomo senza nome leoniano: egli avanza mentre il suo nemico gli spara, lasciandolo incolume - sembra di assistere pari pari alla sequenza finale di Per un pugno di dollari. Più ombrosi sono i perché dell'uccisione di sua sorella. Probabilmente Azuma, rispondendo a un suo codice d'onore personale e imperscrutabile, ha voluto compiere un ultimo atto d'amore verso la sorella e risparmiarle ulteriori sofferenze. Porta insomma a termine ciò che John Wayne in Sentieri selvaggi aveva solo pensato per la nipote.
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