Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
Takeshi Kitano attraversa le sue storie camminando in silenzio, ed ogni tanto fermandosi a guardare. In questo modo si fa trafiggere dal vento che fende l’atmosfera, che talvolta è quello della disperazione (morale, come in Hana-bi, Fiori di fuoco, o artistica, come in Glory to the filmmaker), altre volte, come in questo film, quello della violenza senza un perché. La sua figura è muta ed impassibile come l’assenza di ragioni e di emozioni, come quella particolare forma di desolazione che è il male assoluto. In Violent Cop la violenza è un vizio metropolitano, che cresce dentro all’uomo con l’età: così quello che inizialmente è un occasionale gioco cinico, tipico dei giovani vandali, col tempo diventa il modo naturale di esprimere il proprio dissenso od imporre la propria volontà. Il gesto violento è quello che decreta l’inizio e la fine delle epoche e delle persone, che inaugura la gloria e sancisce il declino. Il cinema di Kitano è come l’opera di un pittore, che stende con lentezza ed attenzione il colore sulla tela, accompagnando la riflessione d’insieme e la contemplazione del dettaglio, fino a che il pensiero non giunge a maturazione: solo allora, quando l’idea finalmente sboccia, nel lampo dell’improvvisa ispirazione, la sua mano assesta gli ultimi, energici, decisivi colpi di pennello.
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