Regia di Anthony Minghella vedi scheda film
Bello!! … "Bello" come può essere piacevole leggere per la prima volta un romanzo di cui non conoscevamo nulla ma che al contempo sembra appartenerci, ci è quasi familiare, perché evidentemente sa come pizzicare le corde giuste della persona interiore (forse l'anima?).
"Il cuore è un organo di fuoco" dice il protagonista, il conte Laszlo de Almasy (Ralph Fiennes), racchiudendo il senso del film che ci ricorda come gli incauti innamoramenti possono lasciarci cicatrici indelebili, permanenti quasi fossero ‘ustioni’ d'amore.
Il film è l’adattamento cinematografico sceneggiato dallo stesso regista Anthony Minghella del pluripremiato omonimo romanzo di Michael Ondaatje. E’ uno dei film più premiati della storia del cinema, ha vinto 9 Oscar nel 1997, 2 Golden Globe e 6 BAFTA; l'attrice Juliette Binoche fu premiata per questo film all'Oscar (come attrice non protagonista) , oltre all'Orso d'Argento a Berlino come miglior attrice.
Il film si muove su due linee di racconto:
la prima (la più bella) è ambientata nella zona desertica del Nord Africa poco prima della seconda guerra mondiale. Lì l'archeologo ungherese, conte Laszlo de Almasy, insieme ad un team di inglesi è impegnato nella cartografia delle mappe del deserto per la Reale Società Britannica. In questo contesto l’'atmosfera del film è molto british, anche se il conte Laslo sembra sopportare con insofferenza lo stile elitario dei suoi compagni di viaggio e lui, da accademico, fugge i luoghi comuni preferendo la solitudine del Sahara. Le atmosfere qui sembrano ispirate palesemente a quelle del “Il tè nel deserto” di Bernardo Bertolucci.
Quando arriva con il suo biplano, Lord Geoffry Clifton (Colin Firth), insieme a sua moglie Katherine (una straordinaria Kristin Scott Thomas) le cose cambiano irreversibilmente. Mi piace molto l'attore Colin Firth quando da l'impressione di interpretare se stesso, in questo caso Geoffry Clifton, viene dipinto come un compagno affabile, loquace e di buon carattere. Sua moglie Katherine è chic, affascinante e intellettualmente dotata. L'entusiasmo e l'interesse di Katherine per l'archeologia attireranno le attenzioni del conte Laszlo, e lei rimarrà incuriosita da lui, che ovviamente sembra un lupo solitario e, a differenza del marito, sembra pure un improbabile giocatore di bridge. Presto fra i due scatta la scintilla che si innesca a pelle tra personalità affini.
La seconda linea di racconto riguarda il periodo bellico ed inizia quando il conte Laszlo con il suo aereo si schianta al suolo perdendo la memoria e subendo ustioni che lo trasfigurano. Viene soccorso e curato dagli Alleati; portato in Italia verrà curato nelle colline della Toscana dove troverà riparo nel rudere di un vecchio monastero disabitato insieme alla sua fedele infermiera Hana (Juliette Binoche), franco-canadese; l’infermiera pensa di essere maledetta perché le pare che coloro ama vengano in qualche modo uccisi dalla guerra; quasi in modo compunto cura con devozione quel paziente smemorato che soprannomina "il paziente inglese". Grazie all'aiuto della prodiga infermiera, al conte Laszlo riaffioreranno i ricordi, come in flashback, della sua storia di amore per Katherine e così ritorneremo (quasi in un loop) alla prima linea di racconto.
La forza del film è radicata nella visione poetica della sceneggiatura del regista Anthony Minghella e dalla squisita fotografia di John Seale. La consapevolezza della morte, l'incertezza di ogni speranza, l'assenza di stabilità e la fame di amore dei protagonisti si riflettono nella crudeltà, nel dolore e nell'anarchia provocati dalla guerra. Il film ci dà la sensazione continua che da qualche parte del mondo qualcosa di meraviglioso accade e contemporaneamente qualcosa di bello muore. Il conte Laszlo de Almasy è un uomo pieno di contraddizioni, silenzioso e nel contempo mitico, poiché nelle sue gesta non è guidato da ideali ma dal rapimento sentimentale per la moglie di un altro uomo.
Oltre all'ottima sceneggiatura ci sono da segnalare due interpretazioni fuori dal comune che rendono la storia davvero convincente, mi riferisco a due meravigliosi attori: Ralph Fiennes e Kristin Scott Thomas. Il primo perché non esagera mai. Mentre Scott Thomas porta al personaggio di Katherine qualcosa di molto raro, affabilità, agilità mentale e bellezza della persona che non si nutrono di pura adulazione fisica.
Il paziente inglese è un film indimenticabile, malinconico, non sempre facile da assorbire a causa della sua lunghezza. Certamente è da scoraggiare una visione televisiva. Ci sono voluti quattro anni per realizzarlo ma certamente nessun minuto di questo magnifico film è stato sprecato. Ogni minuto della sua visione regala una forte emozione.
La parte più commovente è l'ultimo pensiero di Katherine al suo amate:
“Amore mio, ti sto aspettando. Quanto è lungo un giorno al buio, o una settimana. Il fuoco è spento ormai e io sento un freddo orribile. Forse dovrei trascinarmi fuori ma poi ci sarebbe il sole. Ho paura che sto sprecando la luce per i dipinti e per scrivere queste parole. Moriamo. Moriamo. Moriamo ricchi di amanti e di tribù, di gusti che abbiamo inghiottito, di corpi che abbiamo penetrato risalendoli come fiumi, di paure in cui ci siamo nascosti come in questa caverna stregata. Voglio che tutto ciò resti inciso sul mio corpo. Siamo noi i veri paesi, non le frontiere tracciate sulle mappe con i nomi di uomini potenti. Lo so che tornerai e mi porterai fuori di qui nel palazzo dei venti. Non ho mai voluto altro che camminare in un luogo simile con te, con gli amici. Una terra senza mappe. La lampada si è spenta e sto scrivendo nell'oscurità” (così Katharine Clifton).
Voto: 7,5
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