Regia di Adelchi Bianchi vedi scheda film
Capri. La nipote di un parroco vuole sposarsi con l'organista della chiesa di un altro parroco; i due sacerdoti però sono litigiosi e non vanno d'accordo su nulla. Nel frattempo dei gioielli vengono sottratti e un sedicente pittore è incaricato di realizzare un'opera su cui nessuno nutre speranze.
Una commediola sentimentale come tante altre, priva di particolare appeal se non fosse per la buona prestazione di un pugno di buoni/ottimi caratteristi lasciati a briglia piuttosto sciolta sulla scena. Si respira un'atmosfera remota in questa pellicola: il cinema nostrano dei primi anni Cinquanta sapeva di rinnovata libertà artistica (e non solo artistica), di voglia di fare, ma soprattutto di una certa spensieratezza e voglia di leggerezza che si sarebbe poi dissolta nel giro di pochi anni; Bellezze a Capri incarna tutto questo e lo fa nell'unico modo possibile, ovvero con toni ridanciani, gag da varietà teatrale, personaggi-macchiette e una trama approssimativa, tenuta insieme a fatica da qualche snodo narrativo pretestuoso e sviluppato con superficialità. La sceneggiatura è di due firme interessanti, ovvero (Ruggero) Maccari e (Mario) Amendola, partendo da un soggetto di Michele Malaspina, Luigi Capuano e Nando Bruno; proprio quest'ultimo è fra i protagonisti, insieme ad Ave Ninchi, Carlo Delle Piane, Aroldo Tieri, Alberto Sorrentino, Lauro Gazzolo, Anna Bianchi, Virgilio Riento, Carlo Romano e con particine per Mario Carotenuto e il già citato Malaspina. Per riempire la storia fino ad arrivare a un sufficiente metraggio (circa un'ora e mezza di durata) vengono inseriti a forza anche numeri canori e danzerecci. Esordio registico per Adelchi Bianchi, che ritroveremo in un'altra manciata di titoli nei successivi quindici anni, fino a chiudere la carriera dietro la macchina da presa con lo sgangherato spaghetti western Buckaroo (Il winchester che non perdona) nel 1967. 2,5/10.
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