Regia di Denis Rabaglia vedi scheda film
Non è poi così difficile avere dei nemici, né arrivare a maturare l'intenzione di potersene finalmente sbarazzare. Soprattutto quando un killer di professione, brillante ed estremamente efficiente, si offre, anzi si immola a offrirti il suo servizio esclusivo.
Il ritiro nella amena campagna barese di un professore universitario di astrofisica di nome Enzo Stefanelli, che godette di celerità per una importante intuizione risalente ormai ad un quarto di secolo fa, viene scosso durante una serata di tempesta, quando gli capita di soccorrere, e di salvare la vita, ad un giovane colpito da un proiettile.
Costui poi si dilegua nottetempo, rubandogli la macchina, salvo poi riapparire per manifestargli eterna riconoscenza, e mettendosi al suo servizio, offrendo ciò che meglio egli è in grado di fare: uccidere persone.
Si tratta infatti di un giovane, brillante e professionale killer, che riesce anche ad insinuarsi nella vita familiare del professore, pregandolo nel contempo di indicargli la persona - perché tutti ne hanno necessariamente una - che più di tutti egli detesta e che vorrebbe eliminare a suo vantaggio.
Se l'offerta inizialmente lascia sbigottito il professore, e poi interdetto, quindi scandalizzato, alla fine la proposta diviene almeno una circostanza valutabile, e Enzo si accorge di essere circondato da personaggi tutti a loro modo, chi più smaccatamente, chi più occultamente, meritevoli di rientrare in una sorta di classifica di individui eliminabili.
Da una novella sagace del celebre regista e sceneggiatore polacco Krzystof Zanussi, il regista ticinese Denis Rabaglia ricava una interessante, non proprio consueta black comedy ironica e a tratti incalzante, forte di ironici personaggi pirandelliani che sanno risultare fin inquietanti nella mutazione caratteriale ed attitudinale di fondo che arriva a scuoterli dalla ovattata realtà di cui si sono saputi circondare.
Presentato con successo questa estate in Piazza Grande al Festival di Locarno, Il film scandaglia in modo interessante, almeno dal punto di vista teorico, il limite che ognuno di noi ha dentro di sé, cercando di giostrarsi tra il bene ed il male che lottano per avere il predominio della persona.
Storie di killers riconoscenti, di tentazioni a coltivare il lato criminale celato dentro di ognuno di noi, che tuttavia inesorabilmente soccombono di fronte alla inspiegabile tendenza di molto cinema nostrano (o dei limitrofi confini), di lasciarsi soggiogare e sopraffare dalla necessità di rendere l'ambiente circostante come bisognoso di un plateale riscatto: infatti anche in questa opera, interessante e insolita, non possiamo non notare come il lavoro minuzioso degli scenografi diventi preponderante sulla storia, trasformandosi tuttavia anche nel Tallone d'Achille di tutta l'operazione.
Non era meglio puntare, anche restando nella medesima, amena location barese, su vedute meno artificialmente composte o costruite, tutte impostate a riprendere scorci di centri storici inutilmente pittoreschi, ma proprio per questo a rischio di spot pubblicitario gratuito ed insistito? Così insistendo, certi presepini perfetti belli a vedersi, diventano inevitabile ostaggio di una storia che in tal modo si chiude in se stessa, quando invece dovrebbe mirare ad altro, senza divenire succube, come accade puntualmente per la fiction televisiva, della location artefatta o anche sincera, ma eccessivamente ostentata. Quanto il nostro paese sia bello e pittoresco è una questione di cui siamo ben coscienti, e non è il caso che tale circostanza assurga ogni volta a sfondo strumentale della storia, finendo per prevaricarla, soffocarla, svilendone il percorso narrativo.
Dal punto di vista degli attori, valgono soprattutto le interpretazioni dei due protagonisti: Diego Abatantuono, ottimo sin dall'incipit con il suo splendido timbro da voce narrante, e il giovane Antonio Folletto, bravo e spigliato, efficace, che rivedremo presto nel bel film di Martone Capri-Revolution. Gli altri personaggi (Milo, Catania, Conti, Ghini, Ciufoli) sono più che altro bozzetti macchiettistici di lusso, a piccole dosi anche divertenti, ma incapaci di andare oltre la singola vampata di simpatia ed arguzia emanata dal loro colorito ruolo di contorno.
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