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Au poste

Regia di Quentin Dupieux vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Au poste

di alan smithee
7 stelle

CINEMA OLTRECONFINE

Un distretto di polizia che è un po’ come una famiglia: ci si prende cura di chi ha sbagliato, del fuori di testa che dirige un’orchestra in mutande rosse in mezzo al parco, e di altri estratti di umanità deviata o non conforme, in attesa di essere interrogati.

Tra questi anche un testimone di un decesso, che potrebbe anche essere un omicidio, come una morte per un malore accidentale: meglio accertarsene, fugare dubbi ed incertezze, captare le titubanze e le reazioni a caldo dell’uomo, che inizia sempre più a considerarsi un prigioniero, un accusato, più che un testimone nell’atto di collaborare per la scoperta della verità.

Peccato che il poliziotto che si occupa dell’interrogatorio sia un emerito scansafatiche, che trasforma in pedanteria il suo malcelato desiderio di non risolvere mai nulla ,aggrappandosi su interrogatori estenuanti e facendosi forza sulla imperante burocrazia vigente in quel particolare aggregato di anime senza pace.

Il ritorno di quel folle d’un QUENTIN DUPIEUX(digitando sul nome potete accedere ad un post dedicato alla sua carriera), è una nuova ghiotta irresistibile occasione umoristico-noir per perdersi in poco più di settanta minuti di esilarante delirio costruito e cementato su una serie concentrata e frullata convulsamente di follie umane che si intersecano senza soluzione o via di scampo.

Il nonsense dilagante, la frenesia di cercare soluzioni e verità restando ciechi nei riguardi delle verità più evidenti e palesi, diviene l’occasione per sintetizzare al meglio vezzi e bizzarrie di una umanità schizofrenica e senza contegno, in cui la giustizia appare il vero pericolo e la più micidiale ottusità da debellare.

Un percorso all’interno di una indagine che non può avere soluzioni, soprattutto se i dettagli si concentrano sullo sventurato testimone-sospettato, catapultandolo in una situazione estrema in cui le prove di colpevolezza diventano assurdamente concrete, per quanto non notate da negligenze senza rimedio.

Dupieux sta dalla parte dello spettatore, lo promuove ad un livello di osservazione-giudizio preferenziale come a fare da testimone di una verità che è così assurda che pare meglio che resti nascosta tra ottusità ed incuria o leggerezza del caso.

Un finale onirico e spumeggiante si permette il lusso di filosofeggiare sulla posizione di giudici e spettatori, sul ruolo del pubblico nel contesto di una narrazione che si dipana tra cinema e teatro senza una vera soluzione divisoria.

Benoir Poelvoorde inoltre, grande interpreta, qui nuovamente isterico come un gatto rosso mentre batte a macchina i suoi deliri descrittivi, inetto come un mentecatto che si crede acuto, superficiale, approfittatore come uno che pensa solo ai propri comodi e ad esercitare ottusamente posizioni di potere del tutto incongrue, costituisce una delle diverse ragioni per cui Au Poste! Torna ad essere un film irresistibile nella filmografia folle e geniale di un cineasta davvero originale.

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