Regia di Régis Roinsard vedi scheda film
Nel 2013 i traduttori incaricati di tradurre il romanzo "Inferno" di Dan Brown vennero rinchiusi per un mese mezzo nel piano interrato della Mondadori a Segrate per svolgere il loro lavoro (cfr. https://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/dan-brown-ii-girone-dei-traduttori-noi-chiusi-nel-bunker/128273/126774 e https://www.theguardian.com/books/2020/apr/30/dan-brown-origin-thriller-da-vinci-code-translation-les-traducteurs). Il motivo? In un mondo in cui è possibile, a chi vuole e puote, procurarsi su Internet la versione originale di un libro senza dover aspettare le traduzioni, quest'ultime possono risultare penalizzate sul mercato (magari anche da traduzioni non autorizzate). L'uscita contemporanea di originale e traduzioni può però comportare il rischio di "fughe" del manoscritto, da qui la segretezza, fino al vero e proprio confinamento (ante-covid) dei traduttori. Dall'articolo del Guardian non è chiaro se il caso della Mondadori sia stato davvero il primo (viene citata un'operazione analoga svolta a Londra), ma pare che ora si tratti di una prassi consueta.
Fatto sta, che al regista Régis Roinsard (al secondo lungometraggio dopo Tutti pazzi per Rose è sembrata una storia da sviluppare ed esasperare fino a farne un thriller psicologico. Essendo io traduttore, mi sono subito fiondato... su Internet per vederlo (tra l'altro, alcune settimane fa avevo visto su TV2000 Un traduttore): i film con traduttori/interpreti così protagonisti non sono frequenti, soprattutto se ritratti durante il loro lavoro. Oltre tutto, il regista dichiara di aver parlato con sette traduttori preparando il film.
Nel film, il malvagio e avido editore che rinchiude i traduttori riceve degli SMS che comunicano la graduale divulgazione online del manoscritto, salvo il pagamento di un riscatto. L'editore comincia quindi a vessare i traduttori perché rivelino chi di loro è la talpa e come ha fatto a far trapelare il libro all'esterno.
E qui finiscono le buone notizie. Su ammissione stessa del regista, i personaggi sono dei cliché nazionali (solo alcuni invero). A me sono sembrati più che altro dei misantropi (per quanto mi riguarda, il fatto di fare il traduttore non necessariamente rivela un desiderio di fare gli eremiti) e mi chiedo con che gente abbia parlato il regista (nell'intervista che ho visto ne cita tre). Il personaggio peggio stereotipato è (ti pareva) l'italiano, a cui purtroppo presta il volto Riccardo Scamarcio: leccapiedi per nessuna motivazione apparente e violento con le donne. La stessa (e di più) insensatezza di comportamenti vale per gli altri personaggi nel dipanarsi dell'inverosimile e inutilmente complicata trama, fra salti in avanti e indietro nel tempo. Il regista dice che ama "giocare con il pubblico". Forse con un certo pubblico funziona, visto che su Imdb il film ha 6,5 di voto, ma per me certe scene sono solo ridicole (ad es.l'editore circondato dai traduttori che cercano di comunicare tra di loro cercando parole che lui non capisca. Per carità, idea discreta, ma appunto resa in modo ridicolo).
E non parliamo poi delle pretese di amore per la letteratura, o del fatto che si parla del lavoro dei traduttori, perché questo è solo superficle.
L'abusato stile di trama a incastro dei "Soliti sospetti" con il colpevole insospettabile svelato nel finale (qui si poteva capire da quasi subito chi era) tocca davvero il fondo, anzi scava. Voto: 3.
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