Regia di Roman Polanski vedi scheda film
"Lascia stare Jack, è Chinatown"....
E' quest'ultima frase il riassunto "vitale" del film.
Un paradigma assoluto di disillussione,collusione e corruzione.
Jack Gittes che da insolente investigatore privato "di corna" si (ri)trova catapultato nella melma piu' vischiosa d'una Los Angeles altolocata.
Roman Polanski era riluttante all'idea di tornare a girare in America,in quella Los Angeles dove solo qualche anno prima gli avevano ammazzato la moglie Sharon Tate.
Ma Robert Towne ovvero "Il gotha" della sceneggiatura di Hollywood voleva lui,cosi' come il produttore Bob Evans che aveva bisogno per il film di uno "sguardo" europeo.
Polanski torna,rispettando "le consegne",realizzando un meraviglioso caposaldo da cinema "anni 70".
Le strade e i luoghi sono della Los Angeles di fine anni 30,ricostruiti minuziosamente,degni d'una fotografia e un ambiente retro' straordinario.Si respira a pieni polmoni l'aria fuliginnosa e rarefatta dei luoghi corrotti dall'imprenditoria potente.
Ma c'è molto di piu',"Chinatown" non è solo un sofisticatissimo ed elegante giallo,è la prova diretta d'un tormento interiore,quello d'un talento registico molto nevrotizzato,ancora vittima dei demoni interiori.Sensi di colpa e disillusioni che pervadono quel Jack Gittes,che sotto la patina sorniona e irreprensibile,maschera un passato doloroso.
Jack Nicholson viene con quest'opera "conclamato" a star planetaria,semplicemente magmatico,in piena sintonia con l' ambiente squarciato da veli di misteri e omerta'.
E poi non si puo' dimenticare lo stile snob e sensuale d'una stupenda Faye Dunaway, plasmata dal regista assecondando i ricordi infantili:eleganza,trucco e portamento della Dunaway sono difatti d'appartenenza della defunta madre di Polanski.
Un filo "edipico" che lega il film,non solo sotto un piano strettamente "autoriale",ma andando oltre,nella toponomastica "biblica" che chiama "Noah" (Noe') il diabolico patriarca John Huston.
Figura chiave del film,il grande Huston pone le basi d'un personaggio da "diluvio universale",le "acque" di Noah Cross travolgono,purificano,"danno la vita" e anche la morte.
Quella morte che
annega il genero di Noah ,secondo un disegno corrotto e malefico,teso a celare inquietanti e scandalosi misteri.
"Chinatown" diventa cosi' un opera che va oltre la schiera del "classico" poliziesco o giallo,è un opera totale,complementare a una sorta di disegno divino,si serve d'un elegante e maestosa regia,d'un cast super e d'una scrittura magnifica che traccia sentimenti,misteri e paranoie su di ogni personaggio.
La "Chinatown" di Polanski è il regno di acque torbide che ristagnano,sono un bene primario rubato ai bisognosi solo per profitto,per poter comprare un "futuro" che s'avvicina alla fine,svelandone scandalosi frutti d'incesti.........
Tutto terminera' secondo un piano definito,il denaro e le "acque" posseggono una potenza maggiore,pari a quella d'una "sacra scrittura",d' un umanita' mefistofelica che coi tentacoli stringe a sè anche "la legge".Quella "legge" che non si sa da che parte sia,se criminale o legittima,incarnata dal "nano" Polanski che nel bellissimo cameo (ideato da Towne) squarcia il "ficcanaso" Gittes.Un idea geniale e sposata bene con l'arido contesto dei personaggi, come Gittes che vuole ad ogni costo un idillio con la "verita ' " dei fatti, scomodi e riprorevoli,nascosti dalla patina di omertosita' di borghesi faccendieri.
La "Chinatown" americana è cosi',un luogo indefinito,sedimentato secondo canoni illegittimi,che neanche la caparbieta' del buon Gittes riesce ad infrangere.Il remoto senso di colpa dell'investigatore tornera' vivo,il bene e la "verita' " sono troppo scomode per poter sopravvivere.Tutto rimane come prima (o peggio di prima) nel clima reso magnificamente da un film leggendario,dove i protagonisti sono solo le pedine d'un gioco dannatamente piu' grande di loro.........
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