Regia di Christian Petzold vedi scheda film
FESTIVAL DI BERLINO 2018 - CONCORSO
Un assurdo temporale ci presenta due individui nella Marsiglia di oggi, impegnati, l'uno ebreo tedesco, a trovare asilo dopo una fuga da una Parigi occupata dai nazisti, l'altra in qualità di moglie di uno scrittore suicida, di cui il primo ha assunto l'identità per poter entrare nella città portuale, incoerentemente "aperta all'accesso solo per coloro che hanno un visto per l'espatrio, e dunque stanno per partire".
Una strategia, invero non nuova - basti pensare a molto cinema in costume di Jarman - che consente al valido regista Christian Petzold, di rendere ancora più straniante il dialogo tra due periodi distanti nel tempo e nelle modalità di vita, accomunati da una tragedia immane che in qualche modo ci aiuta a riflettere su uno scenario che potrebbe anche proiettarci in un futuro da incubo.
Da un romanzo del 1942 della scrittrice ebrea Anna Seghers, Transit (titolo originale che riflette la situazione dei soli non residenti ammessi nella città di Marsiglia) si carica di una voce narrante un po' retrò che rende ancor più cruciale il divario storico che divide i fatti narrati con il contesto contemporaneo prescelto per la rappresentazione.
La coppia di amanti uniti dalle incognite del destino, è poi davvero perfetta: Franz Rogowski, timido ed impacciato, e la folgorante Paula Beer sono perfetti e coerentemente sottotono per rappresentare due anime travolte dagli eventi, che riescono a trovare riparo ed appoggio l'uno nell'altra.
Petzold si conferma un regista interessante e solido, forse non entusiasmante né particolarmente spericolato, anche quando, come in questo caso, si fa ricorso ad interessanti accostamenti temporali apparentemente azzardati per accentuare la brutalità fuori luogo di una oppressione che la storia ci ha testimoniato in tutta la sua brutalità ed efferatezza.
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