Regia di Christian Petzold vedi scheda film
perché l’attesa è tra i più terribili degli inferni in terra,
perché è muoversi rimanendo fermi,
come una storia che ci viene raccontata,
è il viaggio e mai la meta,
per lo scrittore la meta non esiste,
è il mentre,
il percorso per arrivare a quella meta -di cui mai sapremo e di cui lui per primo non si cura-
a pungolarlo,
forse perché la vita non è che una lunga maledetta attesa,
di qualcosa che non c’è,
di fantasmi che abitano la mente e rendono fervida la nostra immaginazione,
che ci fanno sentire vivi,
parte di qualcosa, di qualcuno;
è quando si finisce di aspettare (per un motivo o per un altro) che le cose si complicano, che tutto s’ingrigisce:
ché la realtà nella sua crudezza, insensatezza
e nel suo squallore sopraggiunge a strizzarci l’occhio,
non c’è più nulla a trattenerci,
possiamo, perciò, tranquillamente morire
o porre fine alla nostra svuotata esistenza per nostra mano stessa,
perché l’attesa è motore di ogni cosa,
è impalpabile limbo,
è terra di mezzo,
è indicibile tormento, sì,
ma anche estasi sublime,
perché chi aspetta,
chi sceglie di aspettare,
si nutre d’illusioni,
nettare per lo spirito,
e vuol morire (arrivasse pure l’apocalisse)
nel loro confortevole, insostituibile abbraccio.
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