Regia di Luciano Emmer vedi scheda film
Prima parte: acquerelli del XVIII secolo ispirati da scene di vita partenopee. Seconda parte: la Napoli del XXI secolo, fra tradizione e modernità.
Classe 1918, Luciano Emmer ha continuato a lavorare fino ai suoi ultimi giorni, arrivando a sfiorare i 92 anni. Negli anni Duemila, vistosi ormai abbandonato da produzioni e distribuzioni, il Grande Vecchio ha deciso di autopromuoversi con una serie di lavori a budget miserrimo che ripercorrono le gesta del Nostro nei suoi anni migliori, quelli dal secondo dopoguerra alla metà degli anni Cinquanta, ma che raramente ne hanno raccolto l’eredità in termini prettamente artistici. Anche questo I magici colori di Napoli, per esempio, consiste in venti minuti di glorificazione della ‘capitale del sud’, fra didascalie che chiamano in causa (tra gli altri) Roberto Rossellini e Plinio il giovane, così come Matilde Serao e Wolfgang Goethe, e con una netta suddivisione in due blocchi che premia senza ombra di dubbio i primi dieci minuti – acquerelli settecenteschi che illustrano scene di vita quotidiana partenopea – e penalizza i restanti otto ambientati nella Napoli odierna del 2005, fra traffico, turisti e cementificazione cittadina. Si può guardare con occhio benevolo a quest’opera, senza dubbio pesantemente strabica nella sua conformazione e troppo facilmente cartolinesca nei contenuti, solo se si considerano le pregresse esperienze del regista; per la colonna sonora c’è il contributo significativo di Stelvio Cipriani, ma non si può certo dire che lasci il segno. Se non fosse per questi due grandi nomi, soprattutto la seconda sezione del cortometraggio sembrerebbe cinema amatoriale di nessuna pretesa. 3/10.
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