Regia di B. Harrison Smith vedi scheda film
Splatter di poche pretese, girato male dietro una sceneggiatura confusionaria. Nonostante un cast eccellente, Death house propone il peggior tipo di horror Anni '80 (cinematografia di riferimento del regista). Può contare anche su un prequel, attualmente in produzione.
"K.O. Complesso est, casa della morte. La casa della morte, fondata nel 1954, sotto l'amministrazione Eisenhower, è stata creata sulla scia dell'operazione Paperclip. Questa struttura funge da carcere federale di massima sicurezza. Centro di ricerca medico, psicologico e parapsicologico. Ci sono nove livelli. Il primo è dedicato all'assunzione dei prigionieri con sicurezza di confinamento minima. Il nono e ultimo livello è riservato per i cinque mali: un miglio sottoterra. I prigionieri sono confinati agli ambienti virtuali. Ricreare gli ambienti prima del confinamento, serve per preservare la loro naturalezza, adatta allo studio. Ogni cella di contenimento è alimentata da una miscela di gas cronica, per mantenere i prigionieri disponibili alle illusioni virtuali che li circondano": con queste parole la dottoressa Karen Redname (Barbara Crampton) accoglie due agenti federali, ovvero Novak (Cody Longo) e Boon (Cortney Palm), ospiti della struttura per un "recupero d'onore". Nella "casa della morte", in realtà, i detenuti vengono sottoposti ad avanzati esperimenti di riprogrammazione mentale, grazie ad avveniristici apparati elettronici e a test di realtà virtuale. I due agenti, dalla già confusa memoria, durante un black out si trovano in fuga dai prigionieri, mossi in rivolta da Sieg (Kane Hodder).
"Dio è un sadico supremo. Il Male è la bugia di Dio per mantenere l'uomo servo, obbediente e rispettoso della conformità. Noi siamo i messaggeri della libertà da un vano, egoista, Dio irrazionale (...) Non c'è il male. Il male è destinato all'estinzione (...) La tecnologia è il nuovo Dio. Il software è il nuovo dogma. Non è né buono né cattivo." (Hirace/Bill Moseley)
Adrienne Barbeau (ospite solo come voce narrante), Michael Berryman, Barbara Crampton, Sid Haig, Kane Hodder, Lloyd Kaufman, Camille Keaton, Tony Todd, Bill Moseley, Gunnar Hansen (suo il soggetto, con dedica sui titoli di coda): praticamente è riunito un cast che rappresenta il meglio del cinema horror, in particolare degli Anni '80. Ed è proprio a quella tipologia (con occhio, per struttura videoludica, anche a Resident evil) che B. Harrison Smith fa riferimento. Sia quando scrive la sceneggiatura, sia quando dirige. Se le premesse ci sono tutte, non altrettanto si può dire del risultato, finendo per essere -questo ben brutto Death house- un lavoro mal scritto e ancor peggio diretto. Una regia convenzionale, non aiutata da una fotografia pessima nelle scene poco illuminate, contribuisce a rendere il film qualcosa di indefinibile. La coerenza non è qui di casa (si pensi all'incipit e alla chiusa con Tony Todd, inseriti in maniera completamente avulsa dal contesto). Riuscire a sprecare un cast di questo livello è quasi una impresa, eppure Harrison Smith ci riesce benché non sia un principiante, avendo in curriculum già quattro horror (Camp dread, ZK: elephant's graveyard, 360 degrees of Hell e Garlic & Gunpowder). Nonostante il pessimo risultato ottenuto, la carriera del cineasta prosegue con The special (2018) e Dawn of 5 evils, quest'ultimo annunciato in veste di... prequel di Death house (e perciò da evitare come la peste).
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