Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Opera geriatrica di uno Scorsese che non graffia come un tempo
La storia di Frank Sheeran (R. De Niro), faccendiere del potente boss Bufalino (Joe Pesci), messosi al servizio del capo dei sindacati Jimmy Hoffa (Al Pacino).
Un triangolo esplosivo.
Incensato da critica e spettatori di mezzo mondo, basta leggere il sontuoso cast per impallidire e sperare in un capolavoro. Eppure l’ultima monumentale fatica di Scorsese non mi ha convinto. Tre ore e mezza (!) sono un minutaggio che farebbe rabbrividire persino Leone, figuriamoci il vecchio Marty , che pure di pellicole dal minutaggio importante ne ha fatte e tutte migliori di questo “the Irishman”.
Il film infatti sconta l’eccessiva e palese volontà del regista di porre una pietra tombale sul genere, ma è un tentativo che da un lato ostenta il curriculum dall’ altro sembra guardare nello specchietto retrovisore, tentando di replicare un qualche riflesso delle sue opere migliori.
Parte bene però, con la solita verve ed il solito stile Goodfellas , ma poi si sgonfia come un palloncino. Non è possibile che il film non abbia un guizzo, non abbia vitalità, sia privo di energia. Non basta la parata di attori che un tempo furono grandi: Pesci è bravo ma è servito da un doppiaggio ridicolo, Pacino purtroppo è sopra le righe, De Niro è l’unico che in sottrazione si salva, ma la CGI lo priva delle espressioni migliori. E parliamo pure di questa velleità che si concede il maestro: l’impiego della tecnologia per ringiovanire gli attori secondo me è una scommessa persa, buona per la pura serie B, perché penalizza la recitazione e distrugge lo sguardo in camera.
La sceneggiatura mette tanta carne al fuoco, forse troppa , il montaggio impegnato su tre piani temporali fatica a dare il giusto ritmo al film, che tiene bene oltre che all’inizio anche nella bellissima scena della resa dei conti. Troppo poco.
Perché mai Scorsese dal saggio del 2004 “Ho ucciso Jimmy Hoffa” si sia incaponito a tal punto da voler tirar fuori quest’opera fiume resta un mistero.
Non basta il fascino dell’operazione anzianity, nè le atmosfere malinconiche e un po’ vintage, che semmai girano il dito della piaga, riportando alla mente un intera e maestosa carriera che (forse) ha poco altro da chiedere.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta