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Qualcosa di cui... sparlare

Regia di Lasse Hallström vedi scheda film

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La recensione su Qualcosa di cui... sparlare

di obyone
4 stelle

 

Julia Roberts è un'icona di Hollywood nel 1995. Fior di produttori si rivolgono a lei per riempire le sale di spettatori (soprattutto donne), che si sentono appagati da morbidi kleenex intrisi di lacrime e sogni;

Callie Khouri vince l'Oscar 1992 grazie alla sua prima sceneggiatura. Il titolo che fa il botto è, ovviamente, "Thelma & Louise": un successo enorme quanto insperato per la scrittrice di San Antonio;

Lasse Hallstrom, il regista degli ABBA, è da tempo sul libro paga degli Studios americani. Il suo ultimo film, "Buon Compleanno Mr. Grape", gli regala soddisfazioni nel 1993 e manda in orbita la stella Di Caprio. Nonostante queste lusinghiere premesse l'istinto mi dice di non farmi abbindolare dal grazioso faccino della bella "Giulietta" quando nel 1995 esce in sala "Qualcosa di cui... sparlare", che nel cast tecnico raggruppa i già citati artisti oltre ad attori del calibro di Gena Rowlands, Robert Duvall, Kyra Sedgwick. Un paio di decadi dopo, alla fine della proiezione del capolavoro di P.T. Anderson, "Il filo nascosto", mia moglie mi dice che i due film hanno, incredibilmente, qualcosa in comune. Un trucchetto culinario capace di riportare gli uomini sulla strada maestra, per così dire... Non aggiungo altro per chi non avesse visto nessuno dei due film. Mi limito a scrivere che, spinto dalla curiosità, ho approfittato di una serata fiacca per concedermi un passaggio televisivo poco impegnativo, ed ho visto questa pellicola di Lasse Hallstrom nella quale Grace (Julia Roberts) manda avanti la propria casa e le scuderie di famiglia con impegno e solerzia mentre il marito Eddie (Dennis Quaid) le mette le corna in allegria. Un bel giorno però, alla vigilia del Gran Premio Invernale di Equitazione, Grace scopre l'indole del maritino ed inizia un suo percorso personale di emancipazione dalla (buona?) società, di cui è membro affiatato, e dalla famiglia, supportata dalla sorella Emma Rae (Kyra Sedgwick) che l'aiuta a parare gli attacchi del padre (Robert Duvall) e a svicolarsi dall'atteggiamento remissivo della madre (Gena Rowlands). Visto il film posso dire che l'istinto mi guidò bene. Il mio biglietto sarebbe stato comunque superfluo. La pellicola ragranellò quasi il doppio del budget solo negli Usa, così sia Hallstrom che Roberts poterono "battere" la stessa via anche negli anni successivi. Solo la Khouri, a ben guardare si è persa per strada scomparendo dai radar cinematografici, sintomo evidente di una capacità di scrittura ridimensionata rispetto al suo capolavoro iniziale. In effetti il principale problema di "Something to talk about" è proprio la sceneggiatura piena di luoghi comuni ed estremamente datata già nel 1995, figuriamoci ora ai tempi di #MeToo. È evidente l'ispirazione che la sceneggiatrice trae dalla classica commedia americana: bianchi ricchi in un contesto bucolico stile "Tarah", governante rigorosamente nera, grassa e vecchia, maschi fedifraghi e mogli che perdonano sempre, donne impegnate nelle solite frivolezze come editare l'ennesimo insulso libro di cucina. Non c'è bisogno di rimarcare quanto il modello "Thelma & Louise" ed il suo impegno a favore dei diritti delle donne sia stato sepolto sotto un cumulo di scempiaggini. Solo la scelta di Grace, di tornare sui libri di scuola, esula, in parte, dalla morale americana pre-sessantottina pur lasciando aperto lo spiraglio del ricongiungimento. La sequenza finale conferisce un po' di luce ad una regia piatta e al vuoto narrativo che le fa da corollario. L'ultima risata di Julia Roberts è un evidente omaggio a "Miss Vivian" il personaggio che l'ha resa famosa in tutto il mondo, ma può bastare solo in quelle serate in cui il cervello è troppo stanco per star dietro ai grandi autori e al loro cinema complesso ed impegnato.

 

Rete4 

 

 

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