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Larry Flynt. Oltre lo scandalo

Regia di Milos Forman vedi scheda film

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La recensione su Larry Flynt. Oltre lo scandalo

di Enrique
6 stelle

Certo non è semplice andare “oltre lo scandalo”. Riuscire a tenere distinto il buon gusto e la decenza dall’area dei diritti costituzionali e, in primis, di quello a esprimere il proprio pensiero. Tutelare l’interesse individuale al mantenimento di una certa immagine e, al tempo stesso, quello pubblico a formarsi un’opinione per il tramite di una “vivace” pluralità di canali di “informazione”. Ma, al di là delle ragionevoli difficoltà insite in un tale sforzo narrativo, il merito del film di M. Forman risiede proprio in ciò: ovvero, nel tentativo (direi riuscito) di tracciare siffatto sottile confine divisorio. Di far capire che il piano della morale e dei relativi valori non coincide con quello della libertà di scelta. Le leggi morali regolano la vita dei singoli. La libertà di darsi (o no) le medesime, è un bene collettivo, di tutti. Da questo angolo visuale, dunque, Larry Flynt. Oltre lo scandalo si dimostra essere davvero un grande film. Un film non agiografico, perché graffiato dalle stravaganze del protagonista, e in cui, però, ogni eccesso suona, semplicemente, come una nuova tonalità su cui la verità cerca di modulare la sua voce (OGM).
A mio avviso, tuttavia, non convince sotto altri aspetti.
Il problema risiede tanto nella sceneggiatura quanto nella stessa regia di Forman. Troppo didascaliche e distratte, ma anche troppo sotto tono; sembrano passare sulla vita di Flint come farebbe un rullo compressore. Vengono passati al setaccio tanti, tantissimi frammenti di vita del protagonista, senza porre risalto ad alcuno di essi in particolare e senza creare il giusto raccordo fra di loro. Senza creare una “sequenza biografica” fluida e lineare, quanto, piuttosto, un puzzle fatto di tanti momenti belli, tanti momenti brutti e molti anche “grigi”. Prevale la vocazione “documentaristica” (la documentazione della parabola vissuta dal diritto sancito dal I emendamento della Costituzione americana) su quella drammatica (ovvero il dramma dell’attrito fra vite perennemente in bilico fra l’avanguardia degli eccessi e la vischiosa maglia reticolare delle tradizioni). L’appassionato - ma de­leterio - rapporto affettivo fra il protagonista e la sua bella, così come la lunga sequela di battaglie giudiziarie per il pieno riconoscimento di un caposaldo dell’ordinamento costituzionale americano appaiono, dunque, solo come una pila caotica di vecchie fotografie sbiadite di un album che, a causa dell’imperizia del suo artefice (giudizio duro - lo ammetto - e quindi mitigato da un sincera dichiarazione di affetto per il suo capolavoro del 1975), dimostra un’età ben maggiore della sua. Un album - ahimè - per i nostalgici monelli di una volta, quando invece avrebbe potuto rivelarsi ben più utile nelle imberbi mani di noi ultimi arrivati.

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