Regia di Francesco Rosi vedi scheda film
Prima di tutto una premessa: che senso ha omaggiare un maestro del cinema italiano come Francesco Rosi trasmettendo su RAI2 il giorno 16 gennaio 2015 - ricordo che il regista napoletano era scomparso sei giorni prima, il 10 - con inizio quasi alla una di notte di un film come 'La tregua' che, oltretutto, nella sua filmografia, non sarà, per usare un eufemismo, certamente ricordato tra i suoi migliori?
'La tregua' è ispirato al famoso romanzo di Primo Levi, che narra dell'odissea che toccò a lui e ai pochi fortunati che sopravvissero all'inferno di Auschwitz per poter tornare ai rispettivi paesi d'origine.
L'ultima opera di Francesco Rosi risente di grosse vicissitudini avute durante la travagliata lavorazione, quando due preziosi collaboratori del regista come il direttore della fotografia Pasqualino De Santis in fase di riprese e poi il montatore Ruggero Mastroianni morirono, ma non è principalmente per questo che il film è artisticamente un mezzo fiasco.
I difetti nella pellicola sono da riscontrare nella regia dell'autore, scialba e piatta come un qualsiasi sceneggiato televisivo, con qualche buona scena piazzata qua e là quasi per caso, con qualche didascalismo di troppo - le sequenze ambientate nel campo di concentramento prima della liberazione sono girate in bianco e nero - e un lavoro d'insieme sbilanciato più che mai, tra toni che passano in maniera fin troppo disinvolta dal tragico al comico-picaresco, creando scompensi non da poco a livello drammaturgico.
Anche peggio la delineazione del profilo psicologico del gruppetto con al centro Primo Levi, disegnato da John Turturro con credibilità e un senso di spaesamento e disagio comunicato più attraverso gli sguardi e i non detti che con le parole, e gli altri scampati come lui alla tragedia dell'Olocausto, ritratti il più delle volte alla stregua di macchiette (il greco interpretato da Rade Serbedzija non si può vedere e soprattutto sentire), come il romano impersonato da Massimo Ghini, il siciliano da Andy Luotto, il milanese da un Claudio Bisio che sembra essere arrivato sul set direttamente da una puntata di Zelig o il poco accennato violinista interpretato da Roberto Citran, per finire con il Colonnello di Teco Celio, caricaturale come pochi.
Tra le poche sequenze da salvare, quella comica con l'Armata Brancaleone formata dai profughi che cerca di comunicare con dei russi per chiedere del cibo, con i 'nostri' che per poco non vengono presi a fucilate e un'altra, forse l'unica toccante ed ispirata, con Primo Levi-John Turturro a Monaco di Baviera che mostra, sotto i suoi vestiti, la divisa che portava nei campi e un tedesco che si inginocchia.
Nell'ultima scena, con Primo ormai a tavola nella sua casa a Torino, echeggiano i versi della poesia che apre 'Se questo è un uomo'.
Voto: 5.
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