Regia di Francesco Rosi vedi scheda film
Non è uno dei migliori film di Rosi: la lunga attesa per la trasposizione del film non ha giovato alla sua riuscita e forse il regista napoletano non era neppure il più adatto a simile impresa. Per di più, Rosi accentua gli elementi di commedia presenti nel libro di Primo Levi, sorta di riflessione più pacata e distesa, rispetto all'immersione nell'incubo di Se questo è un uomo (qualcuno vi ha voluto vedere una sorta di Odissea, rispetto all'Iliade, rappresentata dalla tragedia concentrazionaria del primo libro di Levi). Rosi, infine, incentra la narrazione più sul personaggio Levi che sul suo stesso romanzo, tanto è vero che alla fine ce lo mostra intento a redigere le prime pagine di Se questo è un uomo, mentre alla fine della Tregua ritornava l'incubo del risveglio nel campo di Auschwitz, come a dire, parafrasando il Greco (il quale sosteneva che «guerra è sempre»), che anche Auschwitz è sempre. Rosi prova a raccontare, sulla scorta delle pagine di Levi, cosa significhi riappropiarsi dell'anima da parte di uomini cui nei campi di prigionia e sterminio è stata tolta. Qua e là ci riesce, ma sconta una certa stanchezza artistica e gli obblighi della grande coproduzione internazionale.
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