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Roger & Me

Regia di Michael Moore vedi scheda film

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La recensione su Roger & Me

di lamettrie
10 stelle

Un grandissimo film di denuncia, quando ce n’erano pochi, come negli anni’ 80 americani dei disastri reaganiani, e quindi il coraggio aveva un peso specifico ben maggiore. Leggo che Moore, allora quasi 35enne, investì quasi tutto a proprio rischio, per questo dispendioso documentario.

Si era agli inizi della delocalizzazione, di cui si mostrano gli orrori: per il profitto di uno già ricchissimo, questi compie l’iniquità di impoverire alcuni (rendendoli disoccupati), solo per sfruttarne altri, che sono più poveri e quindi più disposti a farsi calpestare i diritti. Anche questi verranno gabbati un domani: in un capitalismo che tendenzialmente è una intelligente, razionalmente impeccabile (e bisogna aver studiato, per guadagnarci sopra!), macchina dell’impoverimento di moltissimi al fine dell’arricchimento di pochissimi , l’etica non deve esistere e va calpestata.

Il film ha, tra i suoi meriti, proprio la chiarezza dell’opera storica, dato che a 28 anni di distanza appare come una fonte di rilievo; ma anche ha la realtà del documentario serio, dove tutto appunto è documentato, e la riflessione non può che cogliere, pur con tutte le cautele probabilistiche che la serietà impone, i frutti di queste scelte disumanizzanti, che servono però al profitto di una ristrettissima minoranza, in una società che sia intrinsecamente iniqua, sotto il profilo morale, e umano in generale. 

C’è l’ironia tragica, c’è la consapevolezza del registro grottesco da usare per una realtà che non è meno grottesca: infatti è eccellente il paragone  tra la realtà di disoccupati (lì incontestabilmente vittime), e l’abiezione morale di pochi abietti privilegiati, e delle loro mogli mantenute. Ancor più importante è il riferimento allo squallore dei mass media: tutti impegnati a raccontare balle, dal cantante alla miss, dall’addetto alla pubbliche relazioni a chi si presta a organizzare un concerto di Natale che è qualcosa di francamente scurrile, soprattutto se visto alla luce del discorso che pronuncia il mandante della strage economica di quella Flint, il Roger del titolo: una  reale sconcezza, proprio nello scarto tra i valori umani che si propugnano, e le scelte libere che quegli compie liberamente in nome del proprio profitto, scelte che fanno a pugni, con uno stridore che a buon diritto raggiunge il parossismo, con tali classiche petizioni di principio che devono apparire. La falsità delle frasi ufficiali di circostanza, che il film implicitamente denuncia benissimo (e Moore in modo intelligente le lascia sfogare, senza opporre resistenza, quindi senza passare dalla parte del torto, della violenza), è proprio un male necessario degli addetti stampa, i quali sono solo una metafora dei mass media in generale, quando la loro funzione sia interpretata in maniera servile e intellettualmente disonesta, al fine della sopravvivenza (che però non basta certo a giustificare! Bisognava pensarci prima, a non esservi coinvolti!), come quasi sempre è accaduto, tranne pochissime eccezioni meritorie.

 

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