Regia di Travis Knight vedi scheda film
Per quanto non ci scommetteremmo mai nemmeno un soldo bucato, un’altra via è sempre a disposizione, anche nei casi più disperati. In fondo, basta mescolare diversamente gli ingredienti e il piatto esce in una forma inedita. Chiaro, la riuscita è tutto fuorché scontata, ma quando la mano è sapiente, tutto può succedere.
Segnatamente, con Bumblebee, Travis Knight dà una bella ripassata agli stilemi dei Transformers, ricercando un compromesso che non vuole – e nemmeno potrebbe (il sale in zucca non può fare difetto) - rinnegare del tutto il passato ma con un bel po’ di aria rinfrescante al seguito.
Fuggito dal suo pianeta, messo a ferro e fuoco dalla guerra tra robot, Bumblebee finisce sulla Terra nell’anno 1987. Subito ricercato dai militari americani, guidati dall’agente Burns (John Cena), trova nell’adolescente Charlie (Hailee Steinfeld) un valido supporto.
Tra i due nascerà un legame premuroso, di aiuto per entrambi, perché se da un lato la ragazza necessita di una valvola di sfogo per la sua intelligenza repressa, dall’altro la Terra è in pericolo e nessuno l’ha ancora minimamente capito.
«La gente reagisce male a quello che non capisce».
Il cuore pulsante di Bumblebee, primo spin-off tratto dalla saga Transformers, risiede proprio in quest’affermazione, in piena sintonia con la poetica di Travis Knight (Kubo e la spada magica).
Senza trascurare le disposizioni produttive, che prevedono comunque di non disperdere del tutto il pubblico originale, Bumblebee sceglie un periodo storico niente affatto casuale, che utilizza per stimolare l’effetto nostalgia (vedi Stranger things), ma soprattutto possiede un cuore gigantesco, letteralmente straripante.
Dunque, non rinuncia – non avrebbe mai potuto farlo - alle scene fracassone, che rimangono di gran lunga la parte meno interessante del film, e non riesce a ovviare all’effetto spezzatino (alcuni tagli fanno accusare il colpo), per poi entrare nel contesto storico, ad esempio con la musica, ma più di ogni altra cosa cercando l’umanità, i sentimenti.
In questo frangente, il personaggio di Charlie – Hailee Steinfeld, da quando con Il grinta è diventata precocemente famosa, non è mai stata così convincente - è esemplare, intercettando anche le istanze femminili. Ma lo è ancora di più la definizione di Bumblebee, che diventa il personaggio di latta maggiormente umanizzato dai tempi di Wall-E. I due, insieme, fanno fuoco e fiamme, grazie a parecchie scene cucite ad hoc su di loro, sui loro caratteri, ricorrendo alle hit musicali per stabilire un canale di comunicazione, giusto per ricordare che c’è sempre un modo per farsi intendere, basta volerlo assiduamente.
Aggiungendo parentesi da commedia, tra le quali ricordiamo una casa distrutta involontariamente dal robot, Bumblebee sgambetta allegramente e diventa un film in grado di garantire un intrattenimento completo, costruito da un regista che sa perfettamente cosa significhi animare, ossia dare vita, accettando di buon grado lo scotto della sua natura originaria, che ne limita la portata.
Tenero e istintivo.
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