Regia di Jeff Wadlow vedi scheda film
"Mai partecipare ad un gioco, se non se ne conoscono le regole..."
Innocui, o al massimo maliziosi giochetti tra amici che, se messi in atto in ambienti e situazioni poco consone, possono degenerare e trasformarsi in giochi di morte.
Olivia è una architetta interessata a progetti di abitazioni per meno abbienti, che tuttavia viene persuasa dalla sua amica del cuore Markie, a partecipare ad una vacanza con l’amico Lucas, fidanzato della sua bionda amica, ed altri tre compagni, presso le ammalianti coste messicane di Rosarito Beach.
In loco, un episodio misterioso ed imbarazzante a cui li induce un ragazzo conosciuto in loco che li induce a giocare ad “Obbligo o verità” in un lugubre tugurio infestato da strane e sinistre atmosfere, farà maturare effetti sconcertanti tra i partecipanti, la cui mente diviene ostaggio di una forza diabolica che li induce a giocare al micidiale indovinello, mettendo in moto una spirale di morte e violenza diabolica. Una escalation di uccisioni e morti violente provocate da penitenze da obbligo, o da reazioni a seguito di verità facilmente accettabili: anche tra amici apparentemente solidi e a prova di ipotetica fratellanza.
Dietro la direzione dell’esperto cineasta thriller/horror Jeff Wadlow (suoi Nickname: Enigmista, Never back Down, Kick-Ass 2), O/V sfrutta tutti, ma proprio tutti i cliché del genere, senza mai tralasciare una situazione da manuale, quelle in forza delle quali i protagonisti-superstiti fanno di tutto per finire imprigionati in situazioni compromettenti e senza via d’uscita: oltre ogni più irragionevole ed innaturale sadismo, come in preda ad una forma di disprezzo per la vita che li trasforma in una sorta di porcospini follemente attratti dalla macchina che finirà per maciullarli sull’asfalto.
E se carina ed inquietante è l’idea del sorriso beffardo ed innaturale, maligno e forzato, che si disegna sui volti dei malcapitati coinvolti, nel ruolo ambivalente di vittime prima, e poi carnefici per ribaltare su altri il proprio contrappasso, altro non sopraggiunge a salvare il filmetto horror tipicamente da estate, ove tutto è già stato visto, udito, travolto e massacrato, anche a volte ad opera di maestri indiscussi come Craven, Carpenter, Hooper e compagnia bella.
Coerenti per l’atmosfera da macello messa diabolicamente ed incontrollatamente in scena da un demoniaco influsso senza soluzione, appaiono gli attori(ni) coinvolti: Lucy Hale, Tyler Posey, Violett Beane, ed altri ancora, tutti intenti a definire ognuno un personaggio-prototipo in modo sin troppo puerilmente esplicativo e narrativo di caratteri giovanili sin troppo scontati od etichettati (l'amico gay irrisolto e imbarazzato dalla ingombrante presenza istituzionale di un padre poliziotto apparentemente intransigente), anche se poi la necessità di rivelare senza più remote certe verità inconfessabili tra amici o pseudo tali, rende i rapporti tra i protagonisti, piuttosto validamente sviscerati e rappresentati.
Tutto molto sadicamente e puntualmente stardardizzato, molto/troppo routinariamente déjà-vu, ma anche un horror formalmente impeccabile nella sua prevedibilità telefonata, senza nulla di veramente ignobile da indurci a desiderare (senza poi mettere mai in pratica la sostanza) di lasciare la sala anzitempo.
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