In una Chicago in fermento per le imminenti elezioni politiche distrettuali, quattro malviventi incalliti ed impuniti vengono colti in fallo nel tentativo di rubare una grossa somma di denaro ad uno dei due contendenti il potere. Nella sparatoria decisiva i quattro non solo soccombono al fuoco della polizia, ma esplodono letteralmente per aria assieme al denaro derubato. pertanto la vittima del furto, ovvero il candidato di colore, dato perdente dai sondaggi in corso, deve non solo preoccuparsi di riguadagnare terreno, ma anche di cercare di recuperare il maltolto. Per questo decide di contattare la moglie nera dell'organizzatore del gruppo, minacciandola di morte e dandole un mese per scovare la cifra di soldi derubata dal marito. Disperata ed impaurita, la donna riesce a scovare un diario del marito contenente i dettagli di un nuovo piano, nonché le foto piccanti in grado di estorcere la combinazione della cassaforte in questione.
Non potendo fare tutto da sola, la donna si troverà costretta ad ingaggiare due delle altre tre consorti, a cui si aggiungerà un'altra tosta donna di colore. Il colpo in qualche modo riuscirà, ma gli equilibri tra i contendenti e persino tra le quattro donne saranno destinati a modificarsi, così come i destini di tutti (e sono molti) gli individui che questo nuovo colpo coinvolgerà, direttamente o indirettamente.
Non si può dire che manchi il materiale narrativo, in questo guazzabuglio convulso, serioso ed altamente improbabile che segna il ritorno in regia di Steve McQueen, un cineasta fino ad ora assai apprezzato con Shame, Hunger e 12 Anni Schiavo, pellicole notevoli in grado di azzerare quasi la sua iniziale imbarazzante omonimia provocata dal suo nome "impegnativo", qui alla sua prima clamorosa débâcle (almeno secondo il presente punto di vista).
Molte, troppe sono le cose che non funzionano: a partire dalla costruzione dei personaggi, concatenati l'un l'altro da un filo di combinazioni e probabilità assurdi; i due, anzi tre (c'è pure il grande vecchio Robert Duvall) politici coinvolti nella sporca vicenda sono così laidi, beceri e corrotti da apparire come caricature quasi comiche; Liam Neeson, marito della protagonista Viola Davis, è un delinquente incallito ed impenitente, ma viene celebrato al funerale con gli onori che si riservano ad un eroe nazionale; la coppia tra l'altro si scopre afflitta in precedenza da un altro grave lutto da intolleranza razziale (anche qui una accozzaglia incontrollata di carne sul fuoco) mai elaborato che ha finito per dividerli; ancora, come se non bastasse, il colpo messo a segno comporta tutta una serie di circostanze "ad orologeria" tanto fantasmagoriche ed improbabili, che pare trovarci in un film di fantascienza, tanto risultano campate per aria le vicissitudini delle quattro serissime donne coinvolte, casalinghe frustrate e al verde a causa degli scellerati consorti.
E la mancanza totale di ironia (Viola Davis, altrove fino ad ora sempre magnifica, che gira ogni dove accompagnata dalla cagnetta imbambolata non si sa bene come prenderla, e pare pure lei imbarazzata a doversi spupazzare la bestiola, bella certo, ma completamente scema ed inespressiva in ogni circostanza e situazione), la concatenazione assurda degli eventi, l'intreccio a sorpresa che ad un certo punto rimette molto in gioco (peraltro a pensarci bene nemmeno tanto sorprendente, ma certo assurdo) rende inaccettabile la dinamica di un film che si trascina avanti serioso e concitato sino ad un finale goffo e sbrigativo che pare degno di un laccato ed inutile Ocean 8 (ma diviso per due, considerato il numero delle donne coinvolte).
Una brusca frenata, questo Widows, per un regista che fino ad ora aveva dimostrato sempre un gran talento, e che ci auguriamo almeno, abbia in questo contesto deludente e colmo di forzature, lavorato su commissione per pure esigenze "alimentari".
Il cast coinvolto appare di gran richiamo, ma la circostanza non aiuta affatto a risollevare le sorti di un thriller forzato e sopra le righe che non possiede il senso della misura né del ridicolo.
Una cosa veramente apprezzata: la canzone avvolgente dei titoli di coda, opera di Sade Adu: "The big unknown" è il suo titolo, ed in essa la splendida cantante nigeriana conferma la classe e lo charme che la contraddistinguono da ormai un quarantennio.
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