Regia di Alfonso Cuarón vedi scheda film
Roma è stato avvolto da polemiche per la questione tra cinema-Netflix e compagnia bella. Ricordo le parole (terribili), del direttore della mostra di Venezia, firma anche di FilmTv, tale Barbera, al Tg, sulla Rai, che esclamava qualcosa come: “Ogni persona ha il diritto di guardarsi un film dove, come e quando vuole.” Ci vorrebbe un libro per rispondere a frasi simili, proprio da chi il cinema, la sala, dovrebbe difenderla (e per fortuna che FilmTv da vent’anni, con tutti i suoi cambi direzionali, critica il popolo italiano che non va al cinema (o lo fa per filmacci), critica i proprietari e gli esercenti poco disponibili o che tagliano i titoli di coda, critica i produttori che non rischiano ecc.ecc. prendendo in esempio dati e numeri di altri paesi dove la sale vengono riempite, dove il primo tempo non esiste, dove i titoli di coda finiscono, dove i “calcoli” sono incoraggianti. Uno di questi paesi a cui dovremmo guardare è la Francia (non ricordo adesso il critico di turno che scrisse l’articolo anni fa). Quindi Francia, quella che ha rifiutato (giustamente) Roma di Cuaron al festival di Cannes, perché senza passaggio in sala non può partecipare. Lo scarto di Cannes viene preso da Venezia (ovvio) e guarda caso vince il Leone (prevedibile). Tutto questo, per me, è stato avvilente e sembra che nessuno se ne sia accorto.
Il film parla di una donna messicana che lavora come tutto-fare in una famiglia borghese nel quartiere Roma di Città del Messico, luogo dove lo stesso Cuaron è cresciuto, infilandoci tanti cenni autobiografici, politica e tumulti, acqua morte e vita. Straordinario tecnicamente (dalla fotografia in bianco e nero alle inquadrature) ricorda non solo il neorealismo italiano ma anche certo cinema di Tsai Ming-Lian o filippino più precisamente, che il regista ama.
E’ un film estremo, attuale, schierato. E’ tutto al femminile, dove l’uomo è rappresentato come uno zombi che vaga in cerca di qualche attimo di sesso per poi tornare indietro lentamente da dove era arrivato (emblematica la scena a metà film sul corridoio), dove l’uomo è codardo e scappa lasciando le sue “responsabilità in attesa” dentro una sala cinematografica; dove l’uomo abbandona la famiglia perché è un fantasma. Un film mortuario, dove i figli nascono “morti”, dove l’acqua pulisce la merda, dove l’acqua (a differenza di Gravity) non partorisce. Ed è l’anonimato, “i figli della violenza (degli uomini)”, a salvare i “figli dei borghesi” nella meravigliosa carrellata sulla spiaggia. C’è la rinascita, la libertà, ma è lassù in cielo dove l’aereo lascia il segno. Lontana.
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