Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film
L’arte deve confortare il disturbato e disturbare il comodo.(Banksy) Il terzo profilo che Banksy non contempla è quella del cinefilo che davanti ad un’opera d’arte come Burning ritrova linfa vitale per risorgere dallo sconforto e rituffarsi nel labirinto scomodo delle emozioni.
Dopo una lunga pausa durata ben 8 anni, ritorna il regista di Poetry e il suo cinema si conferma potente e intenso, capace di riprendere un suo personale discorso, passato indenne dalla fase intermedia o di trasformazione che ha contagiato una parte di autori rappresentanti di una delle migliori cinematografie orientali post moderne, cioè quella sud coreana. Il nome di Lee Chang Dong non è diventato oggetto di culto come quello di Kim Ki-duk , non ha avuto la tentazione di occidentalizzarsi come Park Chan-wook, è rimasto nel suo territorio di conoscenza e di esperienza di vita. Lee Chang Dong riesce ancora una volta a partire dalla esperienza locale di una diversità per approdare alla universalità riconoscibile e sensibile. In Burning c’è cinema e letteratura, ragione e irrazionalità, temi che vincolano fortemente il percorso visivo del regista. Nulla può esistere senza il suo contrario, nella solitudine dell'uomo comune come in quella dell'artista davanti allo specchio non si riflette mai la realtà oggettiva ma ciò che vogliamo vedere di noi stessi. Burning può apparentarsi con Jules e Jim (1962) a quello stesso tessuto emotivo e relazionale, al gioco iconico di ruolo dei suoi personaggi, oppure potrebbe accodarsi semplicemente (si fa per dire..) all’ assunto teorico del recentissimo La donna dello scrittore(2018) del tedesco Petzold? In Burning però c’è una tensione emotiva e una freschezza che invece nel film di Petzold paiono trattenute, nel suo ritmo sospeso c’è materia viva e pulsante e non decadenza morale. Jong-su, neo laureato vive di precarietà mentre aspetta l'occasione giusta e vorrebbe diventare uno scrittore, l’incontro con l’enigmatica Hae-mi sarà fulminante, la trasformerà nella sua musa, creatura forse più immaginaria che fisica ma ugualmente devastante come ogni profonda esperienza d’amore. Quando Hae-mi rientra da un viaggio all'estero è accompagnata da un nuovo misterioso amico, il ricco attraente Ben, e il racconto mentale di Jong-Su comincia ad aggrovigliarsi. Una delle qualità del regista é quella di togliere riferimenti alla narrazione, il film potrebbe ricominciare più volte senza risentirne, lo spettatore rapito da alcune immagini memorabili può interpretare lo sviluppo del racconto senza una linea certa. Jong- Su stesso si rivela scrittoresempre più alla ricerca di una identità, quando il ruolo di Hae-mi e di Ben diventano sempre più sfuggenti e dai comportamenti inestricabili. Mentre nel precedente Poetry la razionalità si fondeva con l’astrazione, e il processo di rimozione con il progredire del morbo di alzaimer della protagonista rielaboravano il senso di colpa, in Burning il discorso è metacinematografico. Riguarda il processo creativo, la libertà di immaginare e la gestione del gesto artistico.
. Hae-mi nel primo incontro con Jong-su mima il gesto di sbucciare un mandarino e di mangiarselo, dirà di esercitarsi a farlo ogni giorno, sostenendo che la credibilità e la riuscita di quell'atto non è tanto quello di saperlo fare in modo veritiero, ma che deriva dalla capacità di non pensare che in mano non sta tenendo niente. Lee Chang Dong in realtà sta tracciando il percorso creativo del ragazzo e lungo il film lo spettatore è portato a chiedersi più volte se quello che sta accadendo sia frutto della mente dello scrittore o sia reale. Attraverso il lavoro mentale di recupero del proprio passato e di esplorazione del presente, Jong-su indaga sul mistero inafferrabile della vita. Il regista intanto non rinuncia a sottolineare determinati punti fissi che distinguono da sempre la sua denuncia sociale. La disgregazione degli affetti familiari, il conflitto sociale innescato dal divario classista, la mutazione antropologica derivata dall’ invadenza delle tecnologie. Il nuovo amico di Hae-mi, l’indecifrabile Ben, confessa a Jong-su che trova piacere nel dare fuoco a vecchie serre abbandonate, da quel momento il film si trasforma ancora e diventa una commistione visiva e ossessionante sulla memoria e sulla sua ricostruzione. Segnerà il passaggio obbligato che Jong-su dovrà superare per liberare la sua mente. Il gran finale non chiude affatto il dibattito e potrebbe rimettere tutto in discussione.. A noi restano negli occhi e nel cuore le immagini sinuose di Hae-mi che si muove sulle note di Generique di Miles Davis, se vogliamo una piccola concessione spettacolare ma che si rivela di una intensità tale da non essere dimenticata tanto presto.
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