Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film
71 CANNES FESTIVAL 2018 - CONCORSO Quando il giovane fattorino con aspirazioni a diventare scrittore, Jongsu, viene avvicinato dalla bella Haemi, che gli rivela di essere stata una sua più giovane compagna di istituto (alla quale peraltro egli aveva solo dedicato qualche parola piuttosto grossolana), i due iniziano a frequentarsi fino a piacersi fisicamente, consumando qualche intenso rapporto intimo nel piccolissimo appartamento di lei.
Quando la ragazza chiede a Jongsu di accudire il suo timido gatto nei giorni in cui è in viaggio in Kenya, il ragazzo accetta e periodicamente si reca in casa della giovane a sfamare un gatto che mai vedrà, ma di cui intuisce la presenza da escrementi e cibo consumato. Jaemi fa ritorno con un certo ritardo a causa di un attentato nell'aeroporto africano, e si presenta con un nuovo compagno di viaggio, Ben: un tipo bello, ricco, brillante: tutto l'opposto di Jongsu, tranne il fatto che pure lui brutto non è.
E mentre questi assiste alla rovina dell'attività paterna in campo agricolo, dopo che il genitore subisce un processo per vilipendio a pubblico ufficiale, proprio in quei giorni Ben, che continua a frequentare sia lui sia la ragazza, confida a Jangso di essere un piromane e di avere intenzione di bruciare alcune serre nei dintorni della proprietà del padre del nostro turbato protagonista.
Che già di suo soffre per essere un po' stato messo in disparte dalla ragazza, ammaliata dal tenore di vita di Ben, e in più si convince di essere vittima di un complotto tra i due, incastrato da entrambi con menzogne inerenti, tra i vari indizi, gatti inesistenti da accudire e passatempi pericolosi.
Ossessionato da questa idea, e preoccupato della sparizione della sua ragazza, Jangso medita vendetta. Dal racconto breve di Murakami "Granai incendiati", contenuto nella raccolta "L'elefante scomparso", e a sua volta omaggio e variante del racconto omonimo di William Faulkner, con Burning, che segna il tanto atteso ritorno in regia dell'autore amatissimo di Oasis e Poetry, Lee Chang-dong ci catapulta nel mondo incerto ed indefinito della precaria gioventù coreana, adattatasi a lavoretti part-time e insofferente di fronte all'idea di un confronto impari verso coetanei che nascono nell'agiatezza e si dilettano a passate il tempo con giochi pericolosi e proibiti, soffiando loro pure l'angolo più privato degli affetti.
Chang-dong ci trasporta in un intrigo fumoso e complesso, ma assai affascinante, in cui tutto è supposizione, e le idee o manie di persecuzione del nostro un po' ingenuo, un po' sfortunato protagonista, sono gli stessi scarni indizi di cui disponiamo noi in sala, un po' destabilizzati, se non proprio sconcertati testimoni prescelti a seguire una vicenda che pare un intrigo marcio e compromesso sin dal manico.
L'incastro tortuoso si prende tempi sin troppo dilatati, ma il mistero è giocato e scandito piuttosto bene, salvo poi farci rimanere radicalmente aggrappati a più dubbi che soluzioni, sino al momento del confronto risolutivo finale, quello della spogliazione (in senso anche letterale), che in qualche modo rende concreto il vuoto di cui si circonda il nostro ragazzo, ormai solo al mondo col suo furgoncino scassato e lurido.
Non siamo certo ai livelli delle precedenti due eccezionali opere del gran regista sudcoreano, ma Burning possiede e coltiva dentro il suo lento ed ineluttabile misterioso svolgimento, le incognite giuste per destabilizzarci e inquietarci quanto basta. E rendere il film un'altra preziosa occasione per ritrovare in gran forma uno dei più grandi talenti cinematografici coreani del momento.
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