Trama
Jongsu, un lavoratore part-time, durante una consegna incontra Haemi, che viveva nel suo stesso quartiere. Haemi gli chiede di occuparsi del suo gatto mentre lei sarà in viaggio in Africa. Al suo ritorno, Haemi gli presenta Ben, un giovane misterioso che ha conosciuto mentre era via. Un giorno, Ben fa visita a Jongu con Haemi e confessa il suo hobby segreto: è un piromane...
Approfondimento
BURNING: LA BRUCIANTE RABBIA DEI GIOVANI
Diretto da Chang-dong Lee e sceneggiato dallo stesso con Jungmi Oh a partire da una storia breve di Haruki Murakami, Burning racconta di Jongsu, un fattorino che, fuori per lavoro, si imbatte in Haemi, una ragazza che una volta viveva nel suo quartiere. Haemi gli chiede se gli dispiacerebbe prendersi cura del suo gatto mentre lei è via per un viaggio in Africa. Al suo ritorno, Haemi gli presenta poi un enigmatico giovane di nome Ben, che ha incontrato durante il suo viaggio. E un giorno Ben racconta a Jongsu del suo passatempo più insolito (e pericoloso)...
Con la direzione della fotografia di Kyung-pyo Hong, le scenografie di Jum-hee Shin, i costumi di Choong-yeon Lee e le musiche di Mowg, Burning viene così raccontato dal regista in occasione della partecipazione del film in concorso al Festival di Cannes 2018: "Non realizzavo un film come regista da otto anni. In questo lungo periodo, diverse storie hanno catturato la mia attenzione. Alcune le ho trasformate anche in sceneggiature ma sono poi rimaste su uno scaffale. La ragione è semplice. Quando mi chiedevo un motivo per trasformarle in film, non trovavo una risposta soddisfacente.
Proprio quando avevo perso ogni speranza, mi sono imbattuto in Barn Burning, una storia breve di Haruki Murakami. Tutti sono rimasti sorpresi dalla mia scelta: la storia sembra misteriosa ma non succede in realtà nulla. Ho trovato però qualcosa di molto cinematografico in quell'atmosfera di misteriosità: il piccolo mistero del racconto poteva essere estero a misteri più grandi da un punto di vista cinematografico. I vuoti (i pezzi mancanti dei quali non sapremo mai la verità) del racconto alludono al mondo misterioso in cui viviamo, al mondo di cui percepiamo che c'è qualcosa che non va ma in cui non possiamo muovere un dito per capire cosa sia.
La storia di Murakami mi ha spinto a concentrarmi su una realtà contemporanea: la rabbia che provano i giovani d'oggi. Sembra che i giovani di tutto il mondo, indipendentemente dalla nazionalità, religione o status sociale, siano arrabbiati per vari motivi. La loro rabbia è un problema particolarmente urgente da risolvere. Anche i giovani coreani stanno vivendo un momento difficile a causa della disoccupazione non vedendo alcuna speranza nel presente e nessun miglioramento nel futuro. Incapaci di identificare il vero bersaglio verso cui dirigere la loro rabbia, si sentono impotenti. Nonostante il mondo sembri diventato sempre più sofisticato e adatto, un posto all'apparenza perfettamente funzionante, per molti giovani è come se fosse un grande puzzle da risolvere di fronte a cui sentirsi inutili, impotenti. O svogliati, come il protagonista della storia di Murakami, il cui interesse viene risvegliato solo dal mistero.
Curiosamente, la storia di Murakami ha lo stesso titolo di un racconto di William Faulkner, un racconto che parla davvero di rabbia. Quindi, in qualche modo è come se il mio film si basasse sul lavoro di Murakami e fosse in qualche modo collegato all'universo di Faulkner, in cui si racconta di un uomo e della sua rabbia contro la vita e il mondo e si descrive il senso di colpa che suo figlio prova per l'incendio di cui è responsabile il genitore. Diversamente dalla storia di Faulkner, quella di Murakami è la vicenda di un uomo che va in giro a bruciare fienili per divertimento. Il fienile di Murakami è una metafora piuttosto che un oggetto tangibile. Quello di Faulkner invece rappresenta la realtà stessa verso cui è diretta la rabbia del padre.
Jongsu, il protagonista principale del nostro film, diventa ossessionato dalla metafora. Piuttosto che incendiare fienili, incendia serre di plastica, qualcosa che è più facile trovare oggi in Corea. La serra come oggetto fornisce un'immagine che va ben oltre il suo stesso significato. Ha una forma fisica ma è trasparente e non ha nulla dentro. Una volta serviva a uno scopo preciso ma è oramai divenuta inutile. Si tratta di una scelta puramente cinematografica nel senso che non può essere spiegata con un concetto o un'idea.
Ci sono altre cose che nel mio film trascendono come la serra: la pantomima, il gatto e anche Ben. Chi è Ben? E il gatto è reale? La storia di Haemi è vera? Ciò che non si vede non esiste? A differenza dei testi scritti, i film trasmettono immagini visive, che a loro volta sono una mera illusione proiettata su uno schermo da fasci di luce. Tuttavia, il pubblico prende le illusioni vuote e attribuisce loro un significato e un proprio concetto. Con Burning volevo mostrare quale misticismo stia alla base del cinema inteso come medium".
Il cast
A dirigere Burning è Chang-dong Lee, regista e sceneggiatore sudcoreano. Nato nel 1954 a Daegu, ha cominciato a lavorare nel mondo teatrale non appena ventenne prima di tentare la carriera di romanziere. Ha debuttato come regista nel 1997 con Green Fish, un noir coreano spesso definito come "unico nel suo genere".… Vedi tutto
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- Premio FIPRESCI (concorso) al Festival di Cannes 2018
Commenti (13) vedi tutti
Non ho visto un capolavoro. E comunque dipende con quali occhi si guarda. C'e' chi guarda la trama e chi si concentra di piu' sull'analisi che il regista fa della mente umana. Trama voto 5. Analisi della mente umana voto 7
leggi la recensione completa di filmistaVa un po' per le lunghe e tutto sommato non lo trovo così interessante. 5
commento di BradyBel film e consigliato, qua tutto è qualità, è ottimo livello.
leggi la recensione completa di tobanisFilm lungo assai ma interessante nella sua variegata complessità.voto.7.
commento di chribio1Regia di alta classe per questo giallo sentimentale dalle molte implicazioni che vira presto al drammatico. Come suol dirsi: la classe non è acqua, anche se qui ad essere protagonista è il fuoco.
commento di bombo1Ancora una volta Chang-dong Lee prende per i fondelli tutti gli affezionati e i critici che vanno puntualmente in estasi (ma perché ? boh, mistero dei misteri de film) invitandoli a comprendere un inutile enigma, cercando di addomesticare lo spettatore,raccontandogli (davvero? ...) una storia lunghissima senza capo né coda spacciata per thriller.
commento di maurri 63Opera ardua, molto sfaccettata che non risponde univocamente alle innumerevoli domande che si presentano nel corso della visione, relative all’arte del narrare, al vero e al falso della letteratura, del cinema e della vita.
leggi la recensione completa di laulillaCiò che eleva Burning è l’atmosfera ipnotica e rarefatta di inquietudine che Lee Chang-dong riesce magistralmente ad evocare, il senso di ossessione che ti mette a disagio insinuandosi sotto la pelle senza fartene capire le ragioni. Se l’enigma resta avvolto nel non detto, il fascino inquietante ed intossicante del film appare inequivocabile.
leggi la recensione completa di port crosL’arte deve confortare il disturbato e disturbare il comodo.(Banksy) Il terzo profilo che Banksy non contempla è quella del cinefilo che davanti ad un’opera d’arte come Burning ritrova linfa vitale per risorgere dallo sconforto e rituffarsi nel labirinto scomodo delle emozioni.
leggi la recensione completa di Kurtisonic148 minuti di intensità, suspance, originalità, dove apparenza, essenza e sparizione lavorano come un triangolo delle Bermuda sullo spettatore, affossandolo, inghiottendolo e lavorando sulle percezioni e la magia della sparizione.
leggi la recensione completa di gaiartTalmente bello che non ci si crede. Regia fantastica. Sceneggiatura originalissima. Questo per me è un mezzo capolavoro.
commento di jacknanceFilm molto difficile da definire. Io l'ho interpretato come una riflessione sui rovelli, le scissioni e i vuoti insiti nella creazione artisica e letteraria, ma non sono certo che sia la maniera giusta per leggerlo perchè mi ci sono perso un poco dentro e dovrei rivederlo per valutarlo meglio.
commento di (spopola) 1726792film dal sapore antonioniano, caratterizzato da una realizzazione accurata e minimalista, di durata strabordante, tutte caratteristiche tipiche di un certo cinema orientale contemporaneo d'autore. 13 pagine per il racconto di Murakami, 148 minuti di pellicola...in questo caso specifico il rapporto è piuttosto squilibrato.
commento di giovenosta