Regia di Spike Lee vedi scheda film
Prendendo spunto dal libro autobiografico di Ron Stallworth, il film di Lee ci riporta negli anni'70, precisamente a Colorado Springs, per guardare all'america di ieri ma con un occhio (o anche due) all'america di oggi, e contrapponendo la nascita dei movimenti del Black Power con il rigurgito razzista dei suprematisti bianchi del KKK.
Film originariamente ideato per il regista Jordan Peele, nuovo nume del cinema afro-americano, il subentrato Spike Lee ha l'intuizione (e il merito) di scegliere di mettersi al servizio di una storia che ha l'incredibile vantaggio di possedere una tematica e una mitologia talmente vicina alla sua poetica da permettere all'autore di Fà la cosa giusta e di Malcolm X di ritrovare, finalmente, lo smalto dei tempi migliori e di realizzare una pellicola divertente, inclusiva e onesta, dal ritmo serrato e con dialoghi brilanti, conservandone intatte (o quasi) le potenzialità commerciali ma mescolando la blaxploitaion anni'70 e i primi movimenti delle Pantere Nere con Nascita di una nazione di Griffith, contaminando quindi la realtà storica con la finzione cinematografica, ma anche impeccabile dal punto di vista drammatico e sociale (potentissima la scena della cerimonia di accettazione nel Klan alternata al racconto di un linciaggio veramente accaduto nel 1916 ad opera del Klan stesso), raccontando dell'america di ieri per raccontare quella di oggi, ma attraverso una storia che è soprattutto di scoperta e di formazione per i suoi protagonisti, il "rospo" barra "maiale" Ron e l'ebreo Flip, in una lenta conversione ideologica e politica che li porta a comprendere meglio la propria storia e il proprio passato, e quindi anche se stessi.
Il problema, o meglio l'errore, e che si tenta di fare di tutto un fascio facendo convergere, anche caoticamente, elementi incoerenti o stridenti tra loro (come un certo parallelismo, in parte forzato, tra gli eventi del passato e quelli del presente) ma anche attraverso una "caricatura" del Male (con la maiuscola) talmente chapliniana nella caratterizzazione macchiettistica di alcuni appartenenti del Klan da risultare ridicola prima ancora che terrificante, sicuramente voluta per enfatizzarne la stupidità ma con il rischio che questo si ritorca contro minimizzandone la minaccia, e in un didascalismo enfatico e fin troppo rigoroso (tutta la parte finale con i fatti di Charlottesvile o l'imprescindibile livore verso Trump) che perde però di coerenza nella sue reiterazioni, sminuendo involontariamente una vicenda dai molti aspetti surreali ma terribilmente reale e scadendo quindi in una parossismo non so quanto cercato, o voluto, dallo stesso regista.
VOTO: 6,5
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