Regia di Spike Lee vedi scheda film
Un sapiente tessuto citazionistico che parte da “Via col vento”, passa per la blaxploitation dell'epoca e culmina in un magistrale parallelismo al montaggio sulle colpe storiche di “Nascita di una nazione”.
Il cinema non è uno specchio fedele della realtà, ma una lente che la deforma. Ed è quindi un tremendo (e spesso inconsapevole) veicolo di propaganda. Volente o nolente, impone alle masse opinioni e ideologie, inondandole di luce positiva o negativa. Talora sbagliando. Lo sa bene l'ormai sessantenne Spike Lee, che imbastisce un pirotecnico racconto tra commedia e poliziesco – e tra farsa e tragedia, entrambe corrosive – incentrato sulla vera vicenda di Ron Stallworth (interpretato dal bravo John David Washington, figlio di Denzel), garrulo sbirro di colore che negli anni Settanta provò a infiltrarsi via telefono (quasi per gioco, ma riuscendoci) all'interno del Ku Klux Klan, portando poi avanti l'idea col supporto di un socio di pelle bianca (per giunta ebreo...) che ne rivestiva i panni "corporei" (un assai funzionale Adam Driver); ma intanto, attraverso questa storia, è in grado di rivolgere un appello accorato e spigoloso ai suoi colleghi cineasti, affinché non dimentichino mai l'enorme potere che possiedono i film (e i media in generale) nel plasmare la forma mentis delle persone: questa la chiave di un sapiente tessuto citazionistico che parte da Via col vento (mostrato in apertura), passa per la blaxploitation dell'epoca e culmina in un magistrale parallelismo al montaggio sulle colpe storiche di Nascita di una nazione. L'intreccio approntato da Lee con David Rabinowitz, Kevin Willmott e Charlie Wachtel dal libro di memorie di Stallworth è pur sempre imbevuto dei tipici caratteri "esagitati" del cinema del regista (dilungamenti, ripetizioni, prolissità); ma in fondo, di fronte a tutto quello che lascia in dote allo spettatore (compresa un'amarissima e desolante occhiata finale all'attualità), nulla che non sia perdonabile. Strepitosa la direzione di caratteristi come Michael Buscemi (fratello del più noto Steve) e Paul Walter Hauser. Gran premio della Giuria a Cannes e Oscar alla migliore sceneggiatura non originale.
Memorabile colonna sonora di Terence Blanchard, da sempre sodale di Lee.
Voto: 8 — Film OTTIMO
VISTO al CINEMA
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