Regia di Ari Aster vedi scheda film
La cara e all'apparenza pacata nonnina Graham “tira i gambini”, e la tranquilla famiglia che l’ha sostenuta e protetta negli anni della vecchiaia, ospitandola nella lussureggiante casa-chalet che essi condividono in una località montana-ma-non-troppo, si prepara a celebrarne dignitosamente le esequie.
Il resto dei familiari è composto da una mamma-artista che produce miniaturizzazioni di stralci di vita (assai realistici) spesso vissuta in prima persona, un marito anziano e saggio che fa lo psicoterapeuta, ma non riesce a capire il devasto mentale che sta affliggendo i propri cari, e, nonostante tutto, cerca di fare da moderatore; infine due figli un po’ inquieti ed un po’ strani già dallo sguardo.
In realtà il lutto vero e proprio non è affatto quello che appare a prima vista, visto che un destino cupo e devastante è in serbo a danno di tutti i quattro sopravvissuti della famiglia Graham. Che scopriranno, ognuno a suo tempo e a proprio scapito, chi era veramente la nonnina appena deceduta, e cosa la donna aveva messo in atto a beneficio di una profezia messianica tutt’altro che celestiale.
In due ore di crescente e sadica tensione, Hereditary lievita e prende forma, sfociando in un horror maturo che costituisce il brillante, interessantissimo esordio in regia dello statunitense Ari Aster, cinesta che, da oggi, teniamo al centro di ogni nostra futura attenzione per doverose e agognate conferme future.
Difficile potersi addentrare ulteriormente all’interno di una vicenda intima i cui particolari costituiscono tutti una sorpresa che è bene maturare a tempo debito lungo le due ore di tesa narrazione; ma l’horror sa lesinare effetti raccapriccianti e soluzioni esageratamente sanguigne, a maggior vantaggio di una tensione quasi sadica con cui la sceneggiatura si riesce a districare in modo esemplare, e pure insolito per un horror. Fuori misura rispetto alla media generale già a partire dalla dilatata lunghezza dell’opera, il film punta su atmosfere gotiche inquietanti solo in parte attenuate da una perfezione naturale di un giardino antistante la villa, che pare di plastica tanto risulta perfetto e curato.
Spicca infatti nel film una ambientazione logistica fantastica, eccessiva, tutta luci colorate e ad effetto e non senza un costrutto giustificato, oltre che un’atmosfera funerea e esoterica che crea una tensione crescente a dir poco incalzante.
All’interno di una programmazione estiva 2018 mortificante come non accadeva forse da anni, Hereditary è l’horror anomalo e riuscitissimo che finalmente noi spettatori sentiamo di meritarci per non vederci costretti a perdere il contatto con la sala ed il grande schermo.
Ottima prova per Toni Collette, attrice che amiamo sin dagli esordi dell’australiano buffo ed ironico Il matrimonio di Muriel, mentre poco comprensibile giustificare Gabriel Byrne, nel ruolo di un padre sin troppo attempato e quasi rimbambito. I migliori di tutti sono tuttavia Ann Down, amica occasionale della madre che inizia la donna alle pratiche spiritistiche, e soprattutto i due ragazzi protagonisti, entrambi con uno sguardo inquietante/dolente che è difficile dimenticare: lui è Alex Wolff, incredibile, lei la piccola Milly Shapiro, che sono sicuro non scorderete per lungo tempo.
Altro che i fantasmini alla Casper del penultimo spesso ridicolo Assayas: qui la minaccia è vera, nasce sottotono, ma i suoi effetti diventano letali e devastanti, frutto di un poano diabolico tutt'altro che improvvisato.
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