Regia di Malgorzata Szumowska vedi scheda film
Gli ubriaconi del villaggio lo chiamano Gesù. Jacek ha in comune col Messia una lunghissima chioma bruna e la barba di due settimane. Al belloccio Mateusz Kosciukiewicz non manca certo il fisique du role per interpretare un irrequieto e tenebroso Cristo con tanto di tatuaggi e fascino magnetico che si irradia a suon di musica metal. Quando il sangue della personale Passione di Jacek viene versato, la metamorfosi del protagonista si completa, ed il dolore del giovane e quello di Cristo confluiscono dietro un sudario di sofferenza e abbandono. Mollato sulla croce dall'ex promessa sposa Dagmara (Malgorzata Gorol), Jacek viene bandito, come se le sue carni fossero ammorbate dal purulento batterio della lebbra. Il giovane uomo viene silenziosamente escluso dalla società negletta che alberga nel villaggio, un luogo disperso nelle vaste valli polacche dove il progresso è un centro commerciale da raggiungere col traghetto o un televisore da 45 pollici da acquistare, in saldo, a suon di spintoni. Il resto del piccolo mondo di Jacek è avvolto da una desolante sensazione di vecchiume e decadenza spirituale e materiale che culmina in uno strisciante populismo e in una fede ipocrita e superstiziosa.
Malgorzata Szumowska vede nella cattolicissima società polacca, tutta confessioni, preghiere e liturgie svuotate di senso l'erede di quella comunità ebraica che aveva messo in croce il suo Salvatore, incapace di accoglierne le istanze innovatrici. Jacek viene insultato dai mocciosi, disprezzato dalla madre dell'ex fidanzata, spedito da Erode a Ponzio Pilato e viceversa alla ricerca dei quattrini che servono per sanare le proprie ferite. La società civile gli nega cure mediche e invalidità mentre il clero elargisce una carità pelosa che serve a mantenere il silenzio di fronte alle proprie responsabilità. Mentre i parenti litigano per un pezzo di terra, il prete ascolta goloso racconti piccanti che vorrebbe viveve in prima persona e la madre di Jacek si spoglia di quell'amore materno necessario a riemarginare le cicatrici, un grandioso Cristo in cemento sorge sui colli a dominare una desolante vallata che, in nome suo, agisce in maniera antitetica alla sua novella.
"Quella domenica Cristo in croce sembrava più addolorato di altri giorni
Il vecchio prelato assolveva quel gregge
Da più di vent'anni dai soliti peccati"
("Maria Catena", Carmen Consoli)
Mantenendosi sempre in equilibrio tra la descrizione di una realtà povera e claustrofobica e la rappresentazione corrosiva e sarcastica del proprio Paese, passato da un socialismo senza libertà ad una libertà senza socialismo, Malgorzata Szumowska realizza un film che oltre alla componente ideologica si fa notare per un personale e disinvolto uso delle ottiche. Effetti bokeh, zone esasperate di sfocatura ai margini del punto focale e personaggi che entrano ed escono dalle zone di fuoco, all'interno di sequenze riprese a camera fissa, vengono utilizzate da Szumowska con l'ntento preciso di indirizzare l'attenzione dello spettatore su specifici luoghi o su specifiche emozioni che i personaggi riescono a veicolare nel preciso momento. Sapiente l'uso del commento musicale che spezza o accelera il ritmo della narrazione mentre le luci conferiscono lirismo in alcune scene di vitale importanza senza che la regia debba per forza toccare le corde dell'emotività facendo ricorso ad una recitazione dai toni eccessivi, una colonna sonora melodrammatica o dialoghi dall'impostazione teatrale. Szumowska dimostra il fatto suo con scelte registiche azzeccate facendo coincidere inquadrature sghembe e sfocate alla particolare condizione fisica del suo eroe la cui resurrezione coincide con una fuga in autobus mentre un Redentore disilluso preferisce voltare lo sguardo altrove pur di non vedere la pochezza del popolo su cui dovrebbe volgere lo sguardo.
Silberner Bär - Grosser Preis all'edizione 2018 del Berlin Filmfestspiele che, a ragione, è stato assegnato dalla giuria presieduta dal regista tedesco Tom Tykwer per la padronanza nell'uso dei mezzi espressivi e per la brillantezza dell'analisi sociale che si esprimono in un prologo mozzafiato e in un finale al vetriolo che da soli valgono una capatina nella più vicina sala.
"Cristo in croce sembrava alquanto avvilito
Dai vizietti di provincia
Primo fra tutti il ricorso sfrenato
Al pettegolezzo imburrato infornato e mangiato
Quale prelibatezza e meschina delizia per palati volgari
Larghe bocche d'amianto fetide come acque stagnanti
Cristo in croce sembrava
Più infastidito dalle infamie che dai chiodi"
("Maria Catena", Carmen Consoli)
Cinema Teatro Santo Spirito - Ferrara
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