Regia di Thomas Stuber vedi scheda film
Camice, manica destra, manica sinistra, cartellino, taglierino, carrello, pallet, caffè; poi di nuovo fino a farci inculcare i riti della normalità che si trasforma in qualcosa di così vicino al reale che finisce per creare un senso di familiarità che concede l’ambientazione perfetta a cui ci si abitua fin da subito.
Attraverso l’utilizzo di inquadrature quasi sempre simmetriche, Thomas Stuber riesce a rendere il tutto bello da guardare, grazie anche ad una fotografia pulita che rende piacevole non solo gli stupendi paesaggi ma anche la vista dall’alto degli scaffali e delle merci, nonostante siano perennemente avvolti da un grigiore squallido. La colonna sonora poi, improntata sulla musica classica, è il diamante di punta. Rende ogni gesto più deciso, quasi solenne.
Christian, un novellino in un nuovo posto di lavoro, vecchio per chiunque altro, si innamora di Marion, una donna poco bella e sgraziata che poi scopre essere anche sposata. La scruta, ne guarda i dettagli e la rende il centro del suo mondo. Nella sacralità dell’ambiente di lavoro, tra liti, insegnamenti e traguardi i rapporti nascono, si mischiano e finiscono. Tra quegli scaffali si finisce per riconoscere l’unico posto dove non ci si sente fuori luogo.
Quando i personaggi di Bruno e Christian, si spostano nella pescheria, vediamo una vasca piena di pesci che nuotano in acque putride in attesa di essere scelti per essere mangiati; un pesce cerca di ribellarsi al suo destino ormai deciso e smuove l’animo del giovane innamorato che tenta, invano, di cambiare le sorti di un fato mai buono. E non credo sia un caso che, il primo e unico contatto tra i due amanti, si svolga proprio tra pesci surgelati, in una cella frigorifera; come a volerci definitivamente dire che il calore che sembrava unire quelle due anime perdute, è sfumato proprio come l’alito che si diffonde dalle loro bocce e si dissolve sulle loro teste unite.
Quelle onde del mare, che sentiamo dall’inizio, ci vengono spiegate alla fine e constatiamo che hanno avuto da sempre, per tutti, spettatori e personaggi compresi, lo stesso significato: una lieve fuga dalla realtà che tiene in vita i sogni perduti. Stuber mette in scena l’essenza del sentimento. L’amore, l’amicizia, la morte e il suo silenzio che tutto muta senza però cambiare mai nulla.
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