Regia di Thomas Stuber vedi scheda film
Un film tenero fra ferraglie e merci che di tenero non hanno nulla, fa pensare, abitua all’attesa di qualcosa, due ore e cinque minuti passano e sembra che non accada niente, in realtà sta accadendo tutto, è accaduto tutto.Nel silenzio, così si può sentire il rumore del mare.
Carrelli per movimentazione merci, in gergo muletti, volteggiano come danzatori di valzer sulle note di Strauss, corridoi a perdita d’occhio come sale del castello di Schönbrunn accolgono i ballerini, scaffali e merci impilate a regola d’arte fanno da sfondo come tele di antenati alle pareti, se si spinge la leva del muletto e il carrello elevatore arriva a toccare il soffitto, quando torna giù fa un rumore simile a quello del mare …
Ossimori della contemporaneità. Un oltre-mondo dove il reale diventa fiabesco ma non perde i suoi connotati, piuttosto li depura guardandoli con altri occhi.
Per questo serve il silenzio.
Quello di Christian (Franz Rogowski), il novellino lo chiamano, appena assunto come magazziniere.
Lipsia, dintorni, Germania est, un mondo che di umano conserva, forse, la lingua.
Ma Christian non parla, solo monosillabi o poche parole, se è proprio necessario.
L’impressione che sia un minus habens scompare ben presto, quando parla dice cose sensatissime e sua è la voce esterna che di tanto in tanto si sente in scena. Il problema è nostro, usi e consunti dal “ciacolar continuo” dei nostri tempi.
Il problema di Christian è invece far funzionare bene quel dannato muletto, non è facile. Ci pensa Bruno (Peter Kurth), l’anziano, rude e paziente collega a insegnargli, e intanto appare Marion (Sandra Hüller), il raggio di sole nella sua vita solitaria, e allora Christian è triste quando l’Ipermercato chiude per festività.
Lei è del reparto dolciumi, poteva essere diversamente?
Lui del reparto bottiglie, pesanti scatoloni, servono muscoli.
Lei è sposata, ma pare che il marito la maltratti.
Lui è solo, alle spalle si fiuta un passato duro, anche di galera, pare abbia menato al vecchio capo che un giorno gli urlò “fancazzista”. Ma lui “fancazzista” non è , fatica duro, è puntuale, serio. Solo l’amore può fargli dimenticare l’orario d’ingresso al lavoro.
Andrà bene fra lui e Marion?
Crediamo di sì, su quel muletto si può sentire il mare se stanno insieme, se Christian manovra la leva giusta e se guardano in alto,oltre gli scaffali. Non serve altro.
“ Se la vita è un supermercato, allora ciò di cui abbiamo bisogno non si trova sugli scaffali, ma nelle corsie. Il film mostra in modo artisticamente convincente cosa si intende per: “Beati i puri di cuore”.
Questa è stata la motivazione della giuria che ha assegnato a Un valzer tra gli scaffali il Premio della Giuria Ecumenica al Festival Internazionale di Berlino 2018
Un valzer tra i corridoi, il giallo dei muletti è il sole, la musica è bella, easy
(Son Lux – “Easy” with Woodkid – Live at Montreux Jazz Festival 2016)
In quell’ Ipermercato tutti sanno i fatti di tutti, tranne lui, e di Christian e Marion si sa quando ancora tutto deve accadere. Di Marion, poi, è certo che non è felice col marito. Solo di Christian non si sa nulla, i suoi tatuaggi sono strani, ma lui li copre, il suo passato è un mistero, ma solo a Bruno dirà qualcosa.
Christian è l’uomo nuovo, l’uomo senza passato, perché è inutile averne se la vita te la devi reinventare per otto ore al giorno nello spazio grigio di un deposito merci in un ipermercato che si trova in una specie di deserto.
I vecchi sentimenti tentano di sopravvivere, le antiche abitudini alla vita anche, basta fare uno sforzo di fantasia e anche i robot finiscono così per ritrovarsi un’anima.
Un film tenero fra ferraglie e merci che di tenero non hanno nulla, fa pensare, abitua all’attesa di qualcosa, due ore e cinque minuti passano e sembra che non accada niente, in realtà sta accadendo tutto, è accaduto tutto.
Nel silenzio, così si può sentire il rumore del mare.
www.paoladigiuseppe.it
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