Regia di Robert Rodriguez vedi scheda film
Un gangster-movie che si trasforma in un film sui vampiri potevano farlo solo quei due. Uno lo ha scritto e interpretato, l’altro lo ha diretto ed entrambi si sono divertiti con la loro creatura, dando sempre l’impressione di giocare, mai di lavorare. La zona tra Messico e Stati uniti diventa un posto franco e libero da ogni autorità morale e legale dove è possibile dare sfogo ai propri istinti e al proprio cinema eccessivo ludico e rumoroso. La prepotenza rimane l’unico modo per rapportarsi all’altro, violenza sempre scatenata in maniera gratuita prima di essere indispensabile alla propria sopravvivenza. Nella prima parte il fratello maggiore, pratico e organizzatore, cerca di tenere a bada l’indole istintiva del fratello minore maniaco sessuale e incapace di concepire l’atto violento come necessario. Il regista americano si scrive addosso un personaggio nevrotico e paranoico, che gioca con la violenza grezza come piace al regista texano. Nella seconda parte salta il confine tra i due fratelli, quando il film si trasforma, la lotta tra umani e non scatena lo scontro per sopravvivere. La violenza è libera di esplodere, cosi come il sangue chiama il sangue nella volgarizzazione estetica del regista non si salva quasi nessuno. Concetti come etica e sostanza non hanno valore per il cinema primitivo del nostro quello che conta è la successione fuga-erotismo-morte che sorprende e diverte solo la prima volta. Rodriguez va preso come il bruco che non vuole diventare farfalla perché non ha interesse a volare. Questa volta la storia scritta da Tarantino gli permette una parte americana convincente dove la violenza è più verbale che fisica.
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