Regia di Antoine Fuqua vedi scheda film
Capolavoro? Macché! Brutto? No. Un film nero come Denzel per la Critica? Un film da annerire?
Ebbene, amici e fratelli della congrega, vale a dire la mia, quella cinefila, cari cinofili e uomini lupeschi, non solo amanti dei cani e cari miei esseri cagneschi in cerca d’affetto come cagnolini ma affetti dalla malattia del Lombroso, orsù, men (non) ombrosi, ivi sganciato da oscure paure e ubbie da medioevalistica Gubbio che fu, no, scevro da oscurantistiche ed editoriali, quasi dittatoriali regole SEO e via dicendo, vi parlerò senza filtri, in modo assolutamente personale e assai chiaro, d’un film con un nero per antonomasia, ovverosia mr. Denzel Washington. Marcantonio versatile sul fronte recitativo, molto colorito in senso tout-court, interprete di fame, cioè sempre affamato di celluloide, no, di fama mondiale che, da una vita, rappresenta e incarna, peraltro è or molto in carne e non solo è rilucente, splendido splendente come il Sole più ardente, di “abbronzata” carnagione ne(g)ra, il simbolo dell’emancipazione da ogni apartheid razzistico dei più ignobili ed esecrandi. Denzel, nobiluomo non più residente ad Harlem, che di cognome fa Washington, non è ovviamente e visibilmente un bianco, non ha fatto il presidente nella Casa Bianca (White House) a Washington, per l’appunto, ma è l’attore che personifica, di simbiosi molto metafisica, no, di osmosi psichica, no, di somiglianza fisica, no, in forma metaforica, l’eterno Barack Obama del suo popolo da Malcolm X d’ogni Spike Lee che si rispetti, che venga rispettato e strenuamente, come nel suo Barriere, combatte/a per i suoi diritti, in passato e tristemente a tutt’oggi calpestati, à la He Got Game. Per un mondo libero da ogni schiavitù castrante ove, così come avviene da molti anni a questa parte, un nero alla Jesus (questo è il nome del personaggio di suo figlio nel film appena succitato) possa diventare il nuovo Michael Jordan e scopare, alla maniera di Isiah Maxwell, perfino Jill Kelly & Chasey Lain all’unisono, infilando tutte le palle da pallacanestro, no, appartenenti alla maschile zona erogena ribollente in modo spermatico di testosteroni calienti, cioè, in poche parole prosaiche, i testicoli tosti e a livello ormonale funzionanti da omone di colore, soprattutto in calore, in tutti i buchi delle più arrapanti ed eccitanti b(i)on(d)e. Ora, non voglio sovreccitarmi, bensì di questo film parlarvi in modo pacato, no, accalorato, quasi (da) drogato, a mo’ di Denzel Washington che, nella pellicola Verdetto finale, ebbe e filmò una scena a coiti, no, a conti fatti, praticamente a luci rosse con un puttanone della madonna. Molto con lei gli crebbe ma dovette poi fare veramente il duro per dimostrare di essere più innocente di Santa Maria Goretti. Washington, specializzatosi da ani, no, come dettovi, già tanti anni fa, in fottuti ruoli da macho cazzuto che tutti prende a cazzotti. Spaccando tutt’ cos(ce). Un attore che si fa il culo... però, soltanto di sua moglie con cui felicemente sta e tromba da una vita. Fottendosene... delle altre. Ah, che cazzata micidiale ma al contempo esilarante! Washington che, dopo American Gangster, reciterà di nuovo per Ridley Scott ne Il gladiatore 2. Nella parte di Nerone? Ah ah. Chissà... rincontrando Pedro Pascal, forse scontrandosene. Pedro che qui è Dave York. Saltando a piè pari il capostipite di tale franchise, ovvero il seguente, The Equalizer, disamineremo il secondo capitolo, sottotitolato Senza perdono. Specifichiamo inoltre, utilizz(and)o or il plurale maiestatico, che prima della regia di Antoine Fuqua, si pensò a Russell Crowe, suo antagonista nel sopra menzionatovi film di Scott, per il ruolo assegnato a Washington, alias Robert McCall. Anche il regista, prima che subentrasse Fuqua, amico di Washington dai tempi di Training Day, fu il director di Blade Runner & Alien? Mah, informatevene e, semmai, recatevi su Wikipedia, anche per leggerne la trama, stavolta del 2, ih ih: https://it.wikipedia.org/wiki/The_Equalizer_2_-_Senza_perdono
Per dovere di cronaca, non nera come la pelle di Denzel, bensì solamente giornalistica, la prossima settimana, precisamente l’imminente e vicinissimo 30 agosto, uscirà da noi The Equalizer 3 – Senza tregua, ma non perdiamoci in dettagli alla Fuqua, no, (f)utili. Secondo invece IMDb, ecco la trama di questa seconda adventure ripiena, al solito, di scazzottate potenti e infinite sparatorie interminabili con tanto di spappolate budella e dita mozzate: Robert McCall serve una giustizia risoluta per gli sfruttati e gli oppressi, ma quanto lontano andrà quando si tratta di qualcuno che ama?
Beh, una sinossi veramente stringata e più spicciola dei modi di McCall/Washington. Uno che, se lo fai incazzare, non va tanto per il sottile, come si suol dire... lui te le suona, infatti, ed è più vendicativo, sanamente e giustamente cattivo di Creasy in Man on Fire - Il fuoco della vendetta. Quest’ultimo film fu diretto, come sappiamo, dal compianto Tony Scott, ex frequente regista “preferito” di Denzel, fu dalla Critica amato in maniera controversa, parimenti a questa sega, no, saga. Da molti, difatti, aspramente stroncata e accusata, senza mezzi termini, di essere troppo violenta in forma gratuita e sovente ingiustificata, da altri, per l’esattezza la restante metà, invece, di contraltare e in maniera diametralmente opposta, assai amata e di lodi incensata. Sul sito aggregatore di medie recensorie, metacritic.com, riscontra attualmente un discreto, sebbene di certo non ottimo, tantomeno lusinghiero, 50% di opinioni favorevoli. A dimostrazione estremamente riassuntiva del nostro assunto poc’anzi esplicatovi. McCall, come nella serie televisiva originaria, è un Charles Bronson ante litteram, un redivivo Giustiziere della notte più scuro in viso di Denzel stesso? Ah ah, no, caratterialmente brusco e irascibile, indomito e guerrigliero, rabbioso a morte e punitore infallibile in un mondo ricolmo di stronzi e andato puttanescamente, no, parlandovi figurativamente, a mignotte. Denzel fotte... i figli di troia, non è un lucky bastard come un “rinomato” porn actor col muscolo perennemente (s)tirato, bensì è lui stesso un mother-fucker della min... ia, c... zo! È elegante, comunque, quando lavora, veste in tiro. Ecco, adesso passiamo alla trama, sì, sono ripetitivo? No, falotico e quindi dico la mia: Robert McCall, naturalmente ex agente della DIA (da non confondere con la CIA e non fate gli “agenti segreti” dei poveri che cercano il pelo nell’uovo), reinventatosi come tassista notturno, financo diurno, a Roxbury, in quel di Boston, non hai mai dimenticato la morte della moglie e, per elaborare il lutto, stranamente fa il Batman di turno. Dopo una sua revenge di missione in Turchia, ove salvò la vita della figlia della sua libraia di fiducia, a fargli visita è la sua unica amica rimastagli, Susan Plummer (Melissa Leo). Che gli consiglia di darsi pace. Susan è sposata con lo scrittore Brian Plummer (Bill Pullman), da cui ha preso il cognome. Spoiler: Susan viene assassinata. Facile immaginare quel che succederà... la sua furia vendicatrice, senza requie e sosta vietata, no, alcuna, si scatenerà. Poiché McCall è memore di Travis Bickle/De Niro di Taxi Driver? O perché Fuqua & company saccheggiano e scopiazzano mezza storia del Cinema, mixando il tutto in un pot-pourri di riciclato, pasticciato, sanguinolento déjà vu? A sua volta da non scambiare col titolo di uno dei film dell’accoppiata Scott/Washington? Tony, non Ridley, eh eh. In Alien, il personaggio di Sigourney Weaver si chiama(va) Ripley. Fotografato benissimo da Oliver Wood (Face/Off), morto a febbraio di quest’anno, sceneggiato alla buona e in modo grossolano, datane la trama per l’appunto risibile, dal quasi “ignoto” Richard Wenk, recitato grandiosamente da Denzel, il film regge quasi esclusivamente su di lui e sul suo immarcescibile carisma indiscutibile da nero, no, da puro uomo vero e duro! L’intreccio, banalissimo, è costituito da continui pretesti per giustificare il perpetuo reiterarsi e scandirsi di violenze senza fine (è vietato ai minori di 16 anni) intervallate a “sketch” buonisti ove l’accanito vendicatore solitario, altresì lettore sfegatato, nostro beniamino e antieroe McCall, tanto acculturato quanto “sofisticato” nelle compiaciute sue brutte maniere, manesche a dir poco, per pulirsi la coscienza, elargisce consigli paternalistici al prossimo suo, specialmente a Miles Whittaker (con due t) che non è interpretato da Forest Whitaker, bensì dal giovane Ashton Sanders. Il quale par ivi il ragazzo bisognoso di qualcuno che lo indirizzi sulla buona strada a mo’ del neretto di Smoke redentosi da un’esistenza da sbandato per merito del character di Whitaker stesso. Il quale, dopo avervi litigato e dopo averlo severamente sgridato, lo coccolò da pupillo, assegnandogli vari lavoretti da schiavetto. Il film, dunque, nel suo sviluppo narrativo inesistente è insulso come Pascal, attore che a me non dice francamente nulla. Ma Denzel spinge... sul pedale dell’acceleratore... delle macchine a tutto spiano, gigioneggiando da par suo senza freno a mano, no, inibitorio freno, sparando da ebefrenico, no, freneticamente, uccidendo senza sprezzo del pericolo, ed è sempre l’orgoglio nero fattosi persona perfino citato e glorificato da John Turturro di The Night Of. Turturro, amico di Denzel, che in He Got Game non fu Jesus ma, ne il Grande Lebowski, eccome, sì, un omonimo che però tradì il detto nomen omen. Infatti, nel film dei fratelli Coen fu un pervertito pedofilo poco cristologico. Dio santo!
di Stefano Falotico
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