Regia di Bonifacio Angius vedi scheda film
Il disagio interiore e psichico se ne frega di Spinoza, secondo cui la libertà non consiste nel fare quello che ci pare. Provate a spiegarlo ad Alessandro, un cantante della tradizione sassarese che sbarca il lunario nelle piazze e ha un debole per il bicchiere. Quando supera la soglia occorre chiamare la polizia e solo un ricovero psichiatrico può riportarlo nei binari della cosiddetta normalità. Non tutto è perduto, la sua vita senza regole, dunque libera, trova una chiave di volta in Francesca, giovane ragazza madre degente come lui. I due si annusano e si amano in modo singolare. Respinta dalla famiglia, Francesca va a recuperare il figlioletto Antonio, assegnato ad una struttura nel cagliaritano. Il viaggio si trasformerà in una fuga, non senza sorprese.
L’andamento della pellicola diretta da Bonifacio Angius è un on the road dal sapore selvaggio e selvatico che solo certi paesaggi sardi sanno offrire. Realista nella direzione di attori non professionisti, irregolare nello stile asciutto, libero nella inverosimiglianza di alcuni passaggi. “Ovunque proteggimi” si fa forza di un modo di raccontare soggettivo, dalla parte dei personaggi. Perdenti ed esclusi in cerca di riscatto in un mondo che non può capirli e tantomeno accettarli. Alessandro, per esempio, assume la funzione di angelo agli occhi di Francesca, è il suo salvatore, il traghettatore verso l’altrove. Una nave per solcare il mare dell’indifferenza, dell’incomprensione che affligge i protagonisti. Un messaggero beone dalla bella voce e da una bomba di camicia che potrebbe essere uscito dalla penna di qualche cantautore alla Guccini o De Andrè. In ultima analisi la seconda e meglio riuscita opera di Angius si inserisce di diritto nella Nouvelle Vague sarda, un genere aperto vent’anni fa e mai conclusosi. Sempre aperto a nuove sperimentazioni, nuove idee e nuovi tentativi di raccontare una terra unica, magica e desolata.
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