Regia di Gary Nelson vedi scheda film
Gli astronauti del Palomino scorgono accanto a un buco nero la vecchia ed enorme astronave Cygnus, sulla terra data ormai per scomparsa. La stessa gigantesca nave spaziale li accoglie a bordo, e la Palomino non si fa pregare dato che ha anche un guasto da riparare, salito a bordo l’equipaggio incontra l’unico essere umano ancora vivo, lo scienziato pazzo Reinhardt. Subito sembra essere soltanto eccentrico e qualunquista, ma quando spiega all’equipaggio del Palomino che ha intenzione di attraversare il buco nero, essi lo prenderanno per pazzo e sapranno anche da un robot dell’astronave un insostenibile segreto che sta nascondendo all’umanità.
Nato come la risposta disneyana alla felice saga di “Guerre Stellari”, “Il buco nero” si rivela invece un film più riflessivo e figurato della serie di “Star Wars”, anche se con una visione assolutamente semplicistica ha cose non banali da dire sul rapporto uomo-macchina e sui desideri primari dell’uomo attratto dall’ignoto. Al suo secondo film, Gary Nelson, mostra buona dimestichezza con l’immaginario umanità/precarietà nello spazio, modifica qualche grande legge di scienza e natura, e si rapporta ottimamente con l’ignoto finale, mostrandolo con un inferno capeggiato ovviamente da un robot-diavolo. Il cast è funzionale, e le musiche sempre a disposizione, splendidi gli effetti speciali e le scenografie che riescono a dare un efficace spazialità degli interni. Come sempre in questo genere di film e comunque in un qualsiasi film disneyano, c’è sempre “l’obbligo” di sottolineare con parole il sottolineato con le immagini, con l’intenzione forse di rendere tutto più comprensibile, o con quella di dover fare di ogni genere cinematografico, un genere miscelato alla commedia.
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