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Il gobbo di Notre Dame

Regia di Gary Trousdale, Kirk Wise vedi scheda film

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La recensione su Il gobbo di Notre Dame

di lamettrie
9 stelle

Un meraviglioso cartone da adulti. Troppo profondo per i bambini, solo dall’adolescenza lo si apprezza per quello che è. Il formato di film d’animazione aiuta: tantissime sono le scene sospese nel vuoto, di avventura estrema, e di sguardo dall’alto della città; inoltre ciò si presta all’animazione delle gargolle, le statue di pietra che vivono solo perché in realtà sono i pensieri del recluso Quasimodo, che così spera di poter dialogare con qualcuno. Una reazione inevitabile al fine di non impazzire, dato il divieto di rapporti umani cui è confinato. Meravigliosa l’umiltà, il coraggio e la pazienza che ha nell’usare delle sue doti: una forza straordinaria, una creatività splendida. E una bontà meravigliosa: capace di andare oltre a quella delusione amorosa cui si sente (è stato) condannato dall’eternità.

Un fil che, stranamente per la Disney, contesta il politically correct. Attenzione però: si era nel ‘ 96, e gli anni 90 sono stati gli anni d’oro della globalizzazione. Qui se ne vede un aspetto positivo, fatto proprio (spesso in modi retorici falsi, però) dai vari partiti democratici occidentali: quello dell’inclusività (del disabile), del meticciato (perfino con gli zingari, verrebbe da dire). Questi lati sono positivi, indubbiamente: l’apertura mentale qui è ben propagandata.

Il film è un intelligente e doveroso attacco alle destre. Anche quelle delle pulsioni securitarie dei sovranismi, che dovranno venire anche in (legittima spesso) contrapposizione all’abolizione di ogni identità e tradizione, tanto cara alla globalizzazione che il capitalismo porta avanti con determinazione (e anche grandi disastri per le moltitudini) da quasi 50 anni almeno. La destra che ghettizza, che si difende, che riduce la politica alla paura del diverso che potrebbe minacciare il proprio sudato, sperato e trovato piccolo posto di privilegiati piccolo – borghesi: questo è l’astuto obiettivo del film. E ben venga, in un certo senso.

Splendida è la visione della disabilità per come erroneamente è stata interpretata per millenni. Nascosta, qualcosa di cui vergognarsi, in una società incivile. Meraviglioso il dialogo salvifico fra due reietti della società, l’orribilmente deforme e la zingara. Si salvano per l’affetto e la bontà che portano dentro, nonostante una società disumana. Che è quella medievale cristiana: la quale ha giustificato le violenze più terribili in nome del proprio diritto di comandare il mondo.

Tale orrore si sdoppia in modi corretti, quanto alla lettura storica. In primo luogo nel delirio di onnipotenza, in nome della fede che premia il giusto e soffoca i malvagi, di Frollo: u orribile personaggio, un gigante del male. In secondo luogo, nella bistabilità del popolino: a carnevale sfoga i propri peggiori istinti; fantozzianamente, irride il più debole, che assurge involontariamente a capro espiatorio delle frustrazioni della massa. La quale, umiliata, di continuo (e ingiustamente) dal potere religioso e politico, ha come unica alternative percorribile quella di offendere chi sta ancora peggio. Un bullismo culturale, grondante di ignoranza, che la Chiesa ha avuto il demerito di incentivare. Eppure il film Disney ha il merito anche di mostrare il merito che un certo afflato religioso ha contribuito a dare: la speranza in un mondo migliore, in un Dio che possa usare misericordia verso gli umani, in particolare quelli che, fra loro, soffrono maggiormente.

Eccellente è anche la denuncia dell’ipocrisia del bene: questo è uno dei tanti mali della sensibilità dei partiti democratici della globalizzazione, che sono in realtà il travestimento degli ultimi 30 anni del capitalismo più bieco e disegualizzante. Eppure il film sfida questo cliché, in modio lodevolissimi: infatti l’antieroe suscita vomito anche perché cerca di farsi passare come benefattore, moralmente ineccepibile rispetto a una moltitudine di corrotti inferiori, quando invece la società lo ha eletto a motore, riconosciuto e accettabile per quanto silente, di nequizia e cattiveria illimitate.

Alla fine, la splendida sceneggiatura può ricordare che mostro non è chi ama, anche se mostro sembra; ma mostro è chi crea dolore, anche se apparentemente non ripugna.

Bella la colonna sonora: si tratta quasi di un musical che, nonostante le difficoltà e le stonature (forse dovute alla traduzione), si avvale di canzoni che continuamente alimentano il ritmo. Di un film che è già veloce, entusiasmante, palpitante di emozioni sugli aspetti più importanti della vita, chiaro e profondo nel messaggio.     

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