Regia di Roberto San Pietro vedi scheda film
Un'ottima pellicola che, pur nella sua semplicità, racconta di una comunità di indiani che nel nostro Paese svolge lavori che molti non vogliono più fare e che, nel finale, ha una incredibile visionarietà su fatti di cronaca recente legati allo piaga dello sfruttamento lavorativo
Aprire lo sguardo su mondi diversi, e tuttavia molto vicini, è uno dei grandi pregi di cinema e letteratura, pregio perfettamente incarnato da questa buona pellicola del 2019, incentrata sulla vita di una comunità di indiani impegnati nelle nostre campagne in lavori che ormai i "nativi" spesso non vogliono più fare. Con una buona dose di visionarietà, soprattutto nel finale che ricorda molto recenti vicende di cronaca, il film affronta le diverse tradizioni, abitudini, modi in intendere la vita ed il lavoro, e lo fa con delicatezza, realismo (soprattutto nel racconto di uno sfruttamento ormai endemico) e anche un certo manierismo che tuttavia non cambia più di tanto la sostanza. L'incontro, poi, tra il protagonista indiano ed una giovane badante ucraina, il loro innamoramento ed il matrimonio con il doppio rito religioso, è un ulteriore finestra su mondi che ormai popolano la nostra quotidianità ma che mai veramente ne penetrano la scorza dell'abitudinarietà a non vedere a fondo ciò che ci circonda. Un piccolo grande film con il pregio ulteriore di avvalersi di una valida fotografia (girato in primavera nella campagne tra il Po reggiano e Novellara, altra nemesi con vicende di cronaca nera legate a tradizioni familiari non rispettate..) e di un cast di attori non professionisti assolutamente in grado di reggere la parte con grande capacità ed immedesimazione.
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