Regia di David Oelhoffen vedi scheda film
Venezia 75. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
Il malaffare è padrone delle periferie e convoglia i propri servizi verso i quartieri eleganti di Parigi grazie ad una moltitudine di formiche operaie. La polizia tesse una tela di informatori e di intercettazioni, pedina ed osserva dall'alto, in attesa che qualche insetto rimanga imbrigliato nelle proprie maglie. I malviventi spacciano e arricchiscono i loro capi, gli agenti spiano nella speranza di colpire e smantellare i vertici di qualche organizzazione criminale. Manuel e Driss sono facce della stessa medaglia, figli dello stesso quartiere. Manuel è parte dell'oleato ingranaggio di affaristi senza scrupoli. Driss, lavora, senza risparmio, nella sezione narcotici. I due uomini, amici fraterni in giovinezza, si sono allontanati a causa di scelte non condivise. Manuel non ha resistito al luccichio dei soldi facili, Driss ha optato per l'illusione di un'integrazione sociale che passa attraverso l'ordine pubblico. Ma un giorno un affare finito, inspiegabilmente, nel sangue, mette i due uomini, ancora una volta, sulla stessa strada. Manuel è sospettato dell'imboscata che è costata la perdita di denaro sonante per la famiglia di Raji e la morte di Imrane Mogalia, membro onorato della "famiglia". Sorvegliato dal boss che gli ha garantito fiducia, l'uomo, rimasto solo, è costretto a scoprire chi lo vuole morto. L'aiuto di Driss, che nella medesima sparatoria ha perso l'informatore che gli avrebbe consentito di chiudere un grosso caso, diventa, così, fondamentale per garantirgli la sopravvivenza e risolvere la complicata situazione che lo vede fuggiasco da tutto e da tutti...
David Oelhoffen dirige un film di genere, dal ritmo accattivante e dagli scenari verosimili che ha ambizioni più profonde della risoluzione di un intricato caso di polizia. Il regista, che ad inizio film dà l'impressione di voler trattare l'argomento del terrorismo islamico, in realtà, è interessato alla periferia dei grandi conglomerati urbani, controllata dal crimine e abbandonata dalle forze dell'ordine. (Dheepan di Audiard?). La periferia come nuova frontiera del ghetto, è vissuta da gente comune costretta a convivere con l'illegalità spesso figlia dell'immigrazione. Ma non sempre. Oelhoffen sfata il mito del criminale straniero (o quel che basta per insinuare il dubbio) invertendo i ruoli. Il poliziotto è maghrebino mentre lo spacciatore è figlio della Francia bianca e cristiana. Manuel Marcos vive in seno ad una banda nord-africana la cui punta di diamante è l'anziano Raji e come in ogni clan che si rispetti, il vecchio garantisce al proprio adepto il sostegno che gli conviene, finché conviene. Se il bianco vive al soldo dei maghrebini, Driss lavora per la polizia, una scelta che l'ha inviso alla comunità di appartenenza che non gli perdona di fare il "gioco" dell'uomo bianco interessato, solamente, alle sue conoscienze del "ghetto". Nessuno dei due uomini è veramente integrato nel mondo in cui vive e nemmeno all'interno del proprio nucleo familiare. Lo spacciatore potrebbe essere rinnegato in qualunque momento mentre il poliziotto è la formica che conoscere il proprio formicaio.
Il regista è bravo a disegnare il microcosmo periferico marchiato dai toni plumbei di un'immensa colata di cemento e dalla luce opprimente di un cielo grigio, che conferiscono allo scenario le sembianze di una gabbia di svettanti palazzine in cui i due protagonisti, a loro modo, si dimenano continuamente. Si resta in attesa che entrambi aprano, finalmente, la porta giusta che li faccia uscire dall'incubo, all'esterno di questo disadorno contesto di disintegrazione urbana. È un'attesa vana. Ognuno dei due uomini è chiamato dalla propria coscienza ad obbedire alle proprie regole cosicché le strade, tornate a convergere per un po', finiscono per deviare, questa volta definitivamente. La strada da percorrere è ancora molta prima di celebrare una società più equa. La giustizia legale potrà mai bastare? Oelhoffen ci lascia meditare su questo quesito alla fine di un racconto teso e dal finale amaro come si conviene ad un narratore che non ha ancora trovato l'happy end tra le pagine della propria storia.
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