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Close Enemies - Fratelli nemici

Regia di David Oelhoffen vedi scheda film

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La recensione su Close Enemies - Fratelli nemici

di Spaggy
8 stelle

Close Enemies di David Oelhoffen ci porta dritti nella periferia parigina, mille volte raccontata dal cinema ma sempre accattivante per le infinite sfumature che offre. La storia ha il suo sfondo nel mondo del traffico di stupefacenti, gestito nel XXI secolo dagli immigrati marocchini di prima, seconda e forse terza generazione. Tra uno spaccio e l’altro di cocaina, si muovono Manuel, francese, e Imrane, di origine marocchina, mentre sul loro operato indaga Driss, agente della Narcotici i cui tratti somatici rivelano sin da subito la sua origine nordafricana.

Divenuto poliziotto per affrancarsi dall’universo in cui è nato e cresciuto, Driss ha convinto Imrane a fare da informatore e tramite per l’arresto di un grosso spacciatore, Reyes, ma finisce vittima della sua stessa voglia di libertà. La mattina della consegna, mentre è in macchina con Manuel e un altro amico, rimane vittima di un agguato da cui si salva unicamente il francese. Ciò scatena ovviamente sospetti e intrighi che portano la malavita a ritenere Manuel autore del delitto. Soltanto l’aiuto di Driss gli permetterà di risalire al bandolo della matassa.

Nel segno dell’adrenalina, Oelhoffen mette in scena quello che può essere definito un thriller sociologico. Il cinema francese degli ultimi anni ci ha mostrato come Oltralpe si sia a proprio agio con i polizieschi e i thriller, spesso a carattere psicologico. Oelhoffen fa fare al genere un passo in avanti e lo trasforma in indagine sociale, soffermandosi sul significato di identità e appartenenza a un gruppo. La sociologia insegna che nella formazione di un individuo fondamentale appare la sua relazione con il gruppo dei pari, grazie al quale si connota e assume comportamenti atti a farne parte.

Matthias Schoenaerts, Reda Kateb

Close Enemies (2018): Matthias Schoenaerts, Reda Kateb

 

Driss e Manuel hanno però ognuno a proprio modo problemi di identità: Driss ha voluto in qualche modo allontanarsi dal casermone in cui è cresciuto, dagli amici che non hanno trovato altro sbocco se non il mercato della micro e macro criminalità e dalla famiglia che non ha compreso le sue scelte. Per di più, ha dato il meglio di se stesso per ribaltare la situazione e trasformare una situazione di svantaggio (le sue origini marocchine) in qualcosa di vantaggioso: grazie alle sue conoscenze, è stato promosso alla Narcotici e può muoversi con sicurezza in un ambiente che conosce a menadito, avvicinando criminali e proponendo loro accordi. In qualche modo, lancia ancore di salvezza a cui qualcuno si aggrappa cercando di non annegare nel fango. Manuel invece non si riconosce in coloro che fino a qualche giorno prima erano la sua famiglia: trovare chi ha ucciso Imrane per lui diventa una missione utile in primo luogo a capire chi è egli stesso e che fine ha fatto. Realizzare di essere diventato senza colpa il nemico destabilizza le sue convinzioni e ingigantisce la sua solitudine, tanto più dopo che l’unico di cui può fidarsi è Driss, quello sbirro un tempo suo amico che è passato dall’altro lato della barricata. Accettare il “tradimento” di Driss non significa nella sua logica accettare il tradimento “di sangue” di cui è vittima.

Onesto, frenetico e fortemente legato a valori tradizionali come la famiglia (e il finale ne è la testimonianza concreta), Close Enemies vive di immagini sporche come sporco è l’inganno che porta via Manuel, fino alla fine fedele a un mondo che non esiste più e che non ha nella fiducia il suo imperativo massimo. Non manca poi di offrire, anche in maniera ironica, qualche spunto di riflessione su quello che è lo status degli immigrati in Francia, non certo un paradiso a cui approdare. Più che azzeccati i due interpreti principali, Reda Kateb e un sempre più interessante Matthias Schoenaerts.

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