Regia di Bob Persichetti, Peter Ramsey, Rodney Rothman vedi scheda film
Colta l'opportunità dell'anteprima, mi sono fiondato subito nel mio cinema di fiducia, visto che Spider-man Into the Spider-Verse lo attendevo con grande trepidazione. La mia curiosità principalmente verteva soprattutto sulla tecnica d'animazione stop motion mischiata al 2D-3D, che mi aveva letteralmente colpito in quanto mescolava l'elemento grafico tipico dei fumetti con altre tipologie d'animazione più sofisticate.
Secondariamente al lato estetico, c'erano anche le tematiche del multiverso ragnesco che generalmente avevo sempre rigettato in quanto fedele alla versione originale di Spider-man, ma che coi vari trailer mi convincevano sempre di più perchè finalmente sembravano puntare sul mito dell'Uomo Ragno per poi reinventarlo e riaddattarlo ad una macrotrama originale e non convenzionale.
Le aspettative per questo cartone perciò erano abbastanza alte e fortunatamente sono state ampiamente soddisfatte, se non addirittura superate con delle sorprese che mai mi sarei aspettato di vedere in un film d'animazione. La Sony perciò si dimostra incapace nel gestire un ragnoverso in live action (vedesi il film di Venom e altri progetti futili e poco chiari), ma abilissima con uno in completa animazione dove in sole due ore riesce egregiamente a spiegarne il suo funzionamento e i suoi relativi personaggi.
Ovviamente la grande sfida non è arrivata dalla Sony che ha solamente vigilato e finanziato il progetto, ma dai registi ovvero Bob Persichetti, Peter Ramsey, e Rodney Rothman.
Costoro per sviluppare questa particolare animazione ci hanno messo solamente un anno per sviluppare 10 secondi di footage e coinvolto circa 140 animatori per renderla fluida ed esteticamente suggestiva agli occhi degli spettatori.
L'impegno e la passione si nota profondamente nel corso della pellicola, infatti la stessa narrazione segue gli stravolgimenti di questa sperimentale tecnica d'animazione che si alterna tra un normale cartone animato ad un fumetto stampato fatto e finito. L'anarchia visiva che caratterizza questo grandioso lungometraggio passa quindi da un fittizio 3D ad un 2D fumettoso per poi evolversi anche in filmati live action, animazione giapponese, stop motion e classico 2D dei tipici cartoni occidentali.
L'estetica influenza perciò anche le versioni alternative dei vari spider-man delle altre dimensioni ed è al servizio delle numerose scene action presenti durante il film, che risultano suggestive, chiare, iperdinamiche e creative.
Gli animatori però, non si concentrano esclusivamente sul lato visivo, infatti tutta questa perizia tecnica è al servizio di una storia originale che tratta perfettamente la genesi di Miles Morales, accompagnato da un mentore che sarà lo stesso Peter Parker.
La presentazione del multiverso inoltre, è narrata in modo eccellente dove si esplicano tutte le sue implicazioni e le sue derivazioni al pubblico generalista, che normalmente è avulso da tutte queste stravaganti versioni alternative dell'Uomo Ragno.
Il film oltre a poggiarsi su questa tematica, centra perfettamente lo spirito dell'eroismo tipico di Spider-man che attraverso la sua classica retorica, elabora un sottotesto morale per niente banale dove responsabilità e desiderio del supereroe sono costretti a convivere se si vuole mantenere integra la sua identità sociale ed individuale. Registi e sceneggiatori riescono quindi sapientemente ad attingere dal materiale cartaceo senza però cadere in banali omologazioni, riadattando il canone del fumetto ai tempi della Settima Arte.
A differenza di Spider-man Homecoming infatti, Spider-man into the spider-verse riesce divinamente ad adattare lo schema dell'Eroe dai Mille Volti di Joseph Campbell senza scadere in falsi moralismi e fanservice gratuiti, anzi, con grande ironia sbeffeggia i tipici cliché dei cinecomics perculando bonariamente anche i difetti dei precedenti film del Tessiragnatele, citando però anche i loro pregi.
Un'ultima nota spetta ai villain che nella loro generica caratterizzazione risultano ugualmente minacciosi e diabolicamente crudi nelle loro azioni, suscitando tinte dark che mai mi sarei aspettato in un cartone indirizzato ad un pubblico di ragazzini e bambini.
Menzione d'onore a Kingpin che risulta più fumettoso e dunque più bestiale rispetto alla sua controparte live action di Vincent d'Onofrio, ma ugualmente riesce a infondere terrore, spietatezza e allo stesso tempo umanità, nel momento in cui si comprendono le sue motivazioni dietro lo sfruttamento del multiverso. Personalmente ho colto anche dei parallelismi estetici e concettuali con la serie Marvel Netflix di Daredevil, forse voluti o semplicemente causa di una fortunata coincidenza.
Riassumendo, Spider-man into the spider-verse risulta uno dei migliori film d'animazione di quest'anno (2018) che riesce ad unire forma, estetica e sostanza con grande perizia e passione, risultando qualitativamente superiore a molti cinecomics live action, tra cui in primis i concorrenti Spider-man Homecoming e Venom.
Questo dimostra come l'animazione spesso sia più elastica dei film live action, in quanto libera da molte regole grammaticali cinematografiche che impongono requisiti e metriche limitanti per la sua stessa sperimentazione tecnica e creativa.
Un grande tributo al mio supereroe preferito che mi ha ridato speranza per future trasposizioni più dignitose e coerenti con lo spirito del personaggio e che rivaleggia tranquillamente con la trilogia di Sam Raimi.
Voto 9
PS: Commovente il tributo finale a Stan Lee e geniale la seconda scena post-credits!
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