Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film
Adattando l’omonimo romanzo autobiografico di Gavino Ledda, i fratelli Taviani rimangono fermamente coerenti con la loro poetica nel raccontare quella che, innanzitutto, è una storia di fuga da parte del protagonista da una realtà disumana che non gli ha mai riservato nessuna opportunità per il suo futuro, né tanto meno gli ha fornito gli strumenti necessari per crescere bene e diventare uomo. Vessato e sfruttato dal padre, deriso dai compagni di scuola, stremato dalla dura vita da pastore e impossibilitato a proseguire un percorso di istruzione, Gavino intraprenderà un lungo viaggio che lo porterà alla scoperta di un mondo fondato sulla cultura e sulla conoscenza, intese come fonti di interesse, crescita, arricchimento e riscatto sociale. La fotografia gelida, i paesaggi aridi e la struggente colonna sonora restituiscono perfettamente un affresco di realismo documentaristico e al contempo emotivamente agghiacciante, che ritrae la Sardegna degli anni ‘40 e ‘50 come una terra sudicia, ostile e devastata dalla povertà più totale, la cui società ignorante e materialista poggia le sue fondamenta unicamente sul potere della figura patriarcale (da qui il titolo Padre Padrone). Dunque, un capolavoro dei due grandi registi toscani che, nonostante a tratti presenti delle soluzioni stilistiche piuttosto datate, è un’opera bellissima, significativa e necessaria, che si presta a molteplici analisi interpretative. Alla recitazione imponente e intensa di Omero Antonutti si contrappone quella più sofferta di Saverio Marconi. In un ruolo breve ma ugualmente importante, un giovanissimo Nanni Moretti.
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